“Anora” mostra la disintegrazione di un sogno, il fallimento di un desiderio di riscatto sociale quando lo si fa dipendere esclusivamente da un incontro con l’uomo propizio delegando solo all’esterno qualcosa che può essere solo autonomo per funzionare e rimanere duraturo. La felicità e la realizzazione personali completamente delegate ad un uomo poteva accadere nelle pellicole americane degli anni ottanta che riflettevano un retaggio culturale ancora oggi duro a morire in alcuni frangenti ma non può più essere il modello di rappresentazione ancora in auge alle soglie del terzo millennio. La prima parte del film è una sporca, livida rivisitazione di un film cult del passato perché Anora detta Ani come la Pretty Woman Vivian di un tempo fa lo stesso duro lavoro che è poi anche il più vecchio del mondo. Vende il suo bellissimo corpo a facoltosi uomini. Non lo fa più per strada ma all’interno di un night club per stimati professionisti in cerca di facili avventure senza inutili complicazioni sentimentali. Il vero motore dei cambiamenti però può essere solo l’amore, quello vero, un sentimento sincero e disinteressato ma in questo caso non si ravvede nessun innamoramento ma un banale e triviale scambio di favori. Anora è in cerca di un miglioramento (come tutti del resto) e se all’inizio è scettica della fortuna che inaspettatamente le corre incontro poi un po' ci crede di avere trovato l’occasione giusta per svoltare. Purtroppo sul suo cammino trova Vanja. E’ solo un ricco rampollo viziato che gioca a fare l’uomo vissuto ma rimane un moccioso che ama starsene inchiodato davanti ai videogiochi e cerca di stupire con i mezzi importanti che derivano solo dall’essere discendente di un oligarca russo potente e sfacciatamente ricco. Ad un certo punto questo impianto viene letteralmente sconvolto dalla volontà dei genitori di riportare tutto all’origine per non destare scandali e vedere la casata cui appartengono infangata e messa alla berlina sulla stampa nazionale dalle intemperanze di un figlio viziato e ingrato.
Un film che si prende gioco del sogno romantico e lo fa a pezzi divorandolo in un sol boccone per vomitarlo in faccia allo spettatore. Niente di puro e importante può nascere da pessime intenzioni e l’unico modo per non farsi male è quello di stare con i piedi per terra senza credere che ad un certo punto possa arrivare qualcosa o qualcuno dall’esterno a salvarci senza che noi facciamo nulla per costruire la nostra personale felicità. Anora è una giovane ragazza misteriosa dal passato indefinito che non vorrebbe nulla dagli altri fino a quando una prospettiva diversa le si palesa davanti e sembra facile da raggiungere, senza particolari sforzi. Quando Vanya le fa credere di essere interessato a lei non solo dal punto di vista fisico ma le propone addirittura il matrimonio anche le fantasie più sfrenate sembrano trovare terreno fertile sul quale correre. Il film ha un buon ritmo narrativo e si avvale di un montaggio efficace. La scrittura dei personaggi è ben delineata e l’interpretazione degli stessi, anche dei ruoli minoritari, appaiono impeccabili. Tutto sembra girare alla perfezione fino all’entrata in scena della famiglia del giovane rampollo che viene preceduta dall’irruenza degli scagnozzi e guardaspalle che cercano di riportare con le buone ma anche con le cattive la pecorella smarrita all’ovile e porre fine al matrimonio contratto un po' per gioco e un po' per sfida a Las Vegas ma che avrebbe comunque conseguenze legali oltre a imbarazzanti strascichi di immagine.
A questo punto della messa in scena qualcosa si inceppa, il film annaspa, si allunga stiracchiato e diventa ripetitivo, stancante nella dinamica di inseguimenti al giovane fuggitivo che impaurito dall’incombere dei genitori furiosi, come un coniglio braccato, cerca di allontanarsi e far perdere le sue tracce, almeno per qualche tempo sufficiente a far calmare le acque agitate dopo l’ennesimo colpo di testa.
Interessanti i punti di vista dei personaggi che mettono in scena uno psicodramma collettivo con le proprie ragioni e le proprie scelte comportamentali, i propri ideali e i propri valori e si ritrovano a gestire situazioni che li fanno riflettere sulla propria misera condizione umana che non può ambire ad un riscatto senza porre in essere anche un ravvedimento operoso interiore.
“Anora” è in sintesi una favola al contrario o il dissacrante smontaggio della favola per eccellenza quella gran fortunata di “Cenerentola” che al ballo incontra il suo principe azzurro per vivere tutti felici e contenti che ha fatto da sfondo a notti serene prima di addormentarsi per miliardi di bambine in tutto il mondo convincendole, a torto, che bastava essere dotate di una innata elegante bellezza ed essere gentili ed accondiscendenti nei confronti di chi ci porgeva il braccio, se costui fosse stato facoltoso e si sarebbe avverato ogni desiderio.
Il denaro però non può comprare tutto e non serve a nulla quando l’obiettivo è la felicità. Per essere felici serve solo l’amore prima di tutto verso se stessi, senza compromessi. Tutto il resto è una scorciatoia che ci fa precipitare nel vuoto.
Virna Castiglioni