Il topos dell’abitazione sperduta in un luogo dalle atmosfere lugubri e minacciose, è quanto di più ricorrente nel cinema horror. Si tratta infatti di quella che viene definita la premessa costante di molteplici trame che hanno come perno il fenomeno paranormale. Il nuovo lavoro diretto da Severin Fiala e Veronika Franz ripropone avvedutamente una trama che ruota attorno al senso di isolamento generato da un luogo capace di dilatare il tempo, generando alienazione ed inquietudine. The Lodge è infatti ambientato in una dimora sperduta nelle lande di un silente paesaggio nevoso, dove la neo coppia formata da Richard e Grace decide di passare alcuni giorni in compagnia dei due figli dell’uomo. Un equilibrio instabile quello dei due bambini, ancora fortemente turbati dalla fresca perdita della loro madre naturale, e che a stento riescono a rapportarsi con la nuova compagna del padre. Ma le cose arriveranno ad una svolta ancor più critica, quando Richard sarà costretto ad assentarsi qualche giorno per motivi di lavoro, lasciando i due bambini assieme a Grace in questo luogo tutt’altro che confortante. La figura di Grace non fa che approfondire quel senso di disagio e ambiguità che si percepisce sin dalle prime battute del film. I due registi, dopo il successo dell’ultimo lavoro Goodnight mommy (2014), tornano a dirigere una storia che ruota attorno a temi cari ai due autori, quali la religione, il paranormale e il rituale, inteso come momento di incontro tra reale e forze oscure. Ma se l’incipit si presenta intrigante e ben disposto a percorrere una strada coerente e tenebrosa, lo sviluppo ha un’andatura incerta e piena di lacune che inevitabilmente pesano sul film fino alle battute finali. Probabilmente un lavoro del genere necessita di una seconda visione per poter essere compreso nelle sue svariate angolature, anche se in questo caso sono proprio le stesse nella loro moltitudine a portare fuori strada la storia nella sua interezza. L’eccesso nel voler creare enigma conduce ad un rallentamento del ritmo e inevitabilmente all’abbassamento della soglia d’attenzione dello spettatore. I 100 min di film iniziano a farsi sentire soprattutto dalla seconda metà in poi, quando quella suspense che all’inizio procurava un conturbante senso di angoscia e isolamento, perde tono mano a mano che ci si approssima alla fine. Molto interessanti i richiami non soltanto narrativi, ma anche fotografici di stampo Kubrickiano, legati a Shining. The Lodge è un film che se da un lato merita attenzione per lo sforzo e per l’intento di raccontare una storia di stampo psicologico, dall’altro purtroppo non riesce a catalizzare a dovere tutti gli elementi a sua disposizione, restando in un limbo di incertezza.
Giada Farrace