Questo agosto presenta un lodevole pregio, ossia quello di regalarci grandi sorprese e inaspettati ritorni al cinema di genere sul fronte italiano. Tra questi spiccano titoli che hanno la particolarità di trattare temi tra loro molto vicini, ma con forme e linguaggi totalmente differenti, come ad esempio Il Signor Diavolo e The Nest, tanto per citarne due. Entrambi infatti, usciti quasi contemporaneamente, suggeriscono molto sull’attuale approccio italiano a questo delicato genere. Il Signor Diavolo tratto dall’omonimo romanzo scritto dallo stesso Pupi Avati, segna il ritorno del regista padano alle atmosfere cupe e demoniache, che marcarono in modo vigoroso la prima parte della sua carriera cinematografica. A distanza di quarant’anni dall’ultimo film horror, Avati narra attraverso un linguaggio personalissimo, una storia dai toni oscuri ambientata nella campagna veneta, in un periodo storico che coincide con l’inizio degli anni cinquanta. Un giovane ispettore, viene chiamato a Venezia per indagare sul misterioso omicidio di Emilio, un adolescente deforme, morto per mano di un altro ragazzo in circostanze ambigue. Attraverso la lettura accuratissima dei verbali giunti in suo possesso, l’ispettore viene a conoscenza di alcuni particolari alquanto raccapriccianti sulla vicenda. Gli elementi che affiorano a seguito dell’interrogatorio del giovane omicida, il quattordicenne Carlo, edificheranno un’inquietante segreto di cui soltanto in pochi sono a conoscenza. Tra fantasie popolari e indizi sempre più funesti, l’ispettore tenterà di comprendere cosa davvero si nasconde dietro la figura di Emilio, il ragazzo ucciso, sul quale da sempre aleggia un’aura sinistra, alimentata dalle superstizioni della comunità. Pupi Avati decide di tornare alle origini della sua carriera, realizzando un film che sintetizzasse alcune delle sue più radicate paure, ricongiungendosi per molti aspetti a lavori diretti in passato. E’ impensabile infatti, non trovare in un film come Il Signor Diavolo, quei temi cari al cinema di Avati, quali il terrore per il buio e per l’ingnoto nonchè l’interesse per quel vasto manto di leggende popolari che condensano spesso in storie orrorifiche. L’ambientazione riconferma la presenza di un leitmotiv che ha da sempre popolato i film horror di Avati, vale a dire quella tranquilla desolazione delle campagne tanto ridente quanto asfissiante. Il cast comprende nomi che hanno accompagnato spesso Pupi Avati nei suoi progetti più noti, come infatti Alessandro Haber (purtroppo presente solo in una scena), Gianni Cavina, Lino Capolicchio e Andrea Roncato. Si noti che molti tra questi svolgono ruoli sfuggenti, regalandoci quasi dei camei. D’altronde i personaggi che scorrono sullo schermo, se da un lato risultano perfettamente inseriti nel contesto, dall’altro risentono di un’apatia alquanto logorante che talvolta giunge a rendere il tessuto narrativo un po’ flemmatico. La scarsità di dettagli a livello di trama sfortunatamente non permette il decollo del film, lasciandolo in sospeso, quasi a metà dello sviluppo. A mancare è quel guizzo che dovrebbe innescare suspense, animando così la macchina percettiva della paura, ma soprattutto quella visione malata e disturbante presente invece in tanti altri lavori del regista. Nelle sale a partire dal 22 agosto, Il Signor Diavolo di Pupi Avati si immerge nelle atmosfere più oscure, annaspando in più occasioni, ma riuscendo comunque a farsi apprezzare per lo stile e l’inconfondibile eleganza, costanti nel cinema del regista padano.
Giada Farrace