Che non ci sia bisogno di raccontare chi è stato Enrico Berlinguer e che cosa abbia rappresentato nella storia recente del nostro Paese è subito evidente dalla scelta di non parlare di fatti e avvenimenti precisi che lo abbiano riguardato nella sua fulgida carriera. Le tante battaglie, le lotte, le conquiste di un leader carismatico e capace non sono richiamate alla memoria ma lasciate intendere o ricordare per chi ha vissuto in prima linea quegli anni e si è speso per gli stessi ideali. Il documentario è un omaggio all’uomo dietro al personaggio politico arcinoto di cui quest’anno si celebra il centenario dalla nascita in quella meravigliosa terra di Sardegna e già 40 anni dalla prematura scomparsa che ha lasciato orfani un’intera generazione e addolorati e spaesati una moltitudine di compagni e compagne al suo fianco per la difesa di diritti fondamentali. Focus del racconto sono i suoi funerali che videro una partecipazione di pubblico straordinaria e lasciarono un’eco di sincero dolore. Questo politico illuminato aveva davvero anteposto il bene pubblico della Nazione all’interesse personale. Significativa la scelta della colonna sonora che parla al posto del silenzio che, per buona parte del documentario, si sceglie di tenere. “Dirti grazie”, ultima canzone di Massimo Zamboni che congeda lo spettatore è anche il saluto finale dei tanti lavoratori che hanno visto nel compagno Enrico un esempio, una guida, un faro, una luce.
Le poche voci presenti sono sempre quelle della gente comune che ha visto in questo uomo colui che poteva prenderli per mano e permettere loro di farsi sentire per ottenere un cambiamento migliorativo della loro condizione. Enrico statista era ed superfluo da raccontare per le sue gesta politiche. Si sceglie di rappresentarlo principalmente come amico al pari di chi si riconosceva negli ideali portati avanti con passione e grande slancio. Questo documentario ha decisamente un’anima rock. Anche il commiato a questo leader politico per tanti aspetti può essere accostato per dimensioni ad un concerto di una band planetaria. Il pugno chiuso, le rose rosse, le bandiere a formare un fiume sono i simboli di chi rimarrà a imperitura memoria e testimonianza di un passato che non si scorge minimamente la possibilità che possa tornare in auge eppure il titolo è un saluto che è anche un augurio come tutte le volte che siamo costretti a separaci da chi amiamo, stimiamo e ammiriamo e quell’arrivederci è anche un ponte che si spera di poter ripercorrere per incontrarsi di nuovo a metà strada con qualcuno che ha preso il testimone e lo porta avanti con fierezza e determinazione.
Virna Castiglioni