Non è la prima volta che una fatica letteraria firmata da Walter Veltroni venga trasposta sul grande schermo. E non è la prima volta che l’operazione possa dirsi riuscita. C’era già stato “Piano, solo” adattamento cinematografico de “Il disco del mondo – vita breve di Luca Flores, musicista” (Rizzoli, 2003), con cui Riccardo Milani aveva restituito l’animo travagliato di un “musicista dall’inferno”, trasfigurato negli occhi languidi ed intensi di Kim Rossi Stuart.
Con “La scoperta dell’alba”, secondo lungometraggio di Susanna Nicchiarelli, attrice e regista di cui abbiamo già intuito la sensibile ricchezza della narrazione in “Cosmonauta” (Fandango, 2009), le parole che costruiscono l’omonimo romanzo si trasformano in immagini che mantengono delle prime solo l’elemento surreale rappresentato dal filo diretto col passato, mentre l’impianto narrativo assume vita propria.
Resta infatti inalterato lo snodo principale della vicenda, rappresentato dal ritrovamento di un telefono che permette alla protagonista (una Margerita Buy sempre brava) di entrare in contatto con se stessa bambina e tentare di cambiare l’andamento della storia. La sua storia personale e, di riflesso, la storia collettiva di quegli anni di piombo (siamo nel 1981) che hanno lasciato cicatrici lunghe a rimarginarsi. È il privato che si fa racconto pubblico e il pubblico che si fa racconto privato. Quel vecchio telefono è lo strumento di raccordo di queste due dimensioni, così come di un passato e di un presente che, grazie ad esso, convivono nello stesso universo temporale. Vi erano diverse modalità per restituire questa “magia”. La Nicchiarelli ne ha scelta una che vira verso la naturalità del racconto, evitando forzature e stratagemmi di fantasia, per accordare la narrazione con la realtà. Se lo spettatore subisce un momento di spaesamento all’irrompere del suono della voce della protagonista bambina che spezza la verosimiglianza del racconto fin lì presentato, realizza gradualmente di non aver perso contatto con i referenti principali di una realtà riconoscibile, seppur impregnata di una sorta di realismo magico da letteratura latinoamericana.
Intorno a questa piccola magia ruotano personaggi e vicende parallele che si discostano dal libro. Fra tagli nella sceneggiatura e cambiamenti nello sviluppo degli accadimenti, che qui tralasciamo, quello più forte è rappresentato dalla variazione di genere. Giovanni Astengo, protagonista del libro, assume le sembianze di Caterina Astengo, donna vigorosa ed intimamente fragile al tempo stesso, segnata dalla ferita di un passato non chiuso, che ruota attorno a quel giorno di un lontano ma ancora attuale 1981 in cui, dopo l’assassinio del suo migliore amico e collega, suo padre scompare e di lui si perde ogni traccia. La relazione d’affetto misto ad incomprensione fra Caterina e sua sorella Barbara (Susanna Nicchiarelli) e il desiderio di oblio di quest’ultima portano Caterina ad intraprendere da sola il viaggio nel tempo, nel tentativo fantascientifico di salvare il padre, guidata dal desiderio di scoprire la verità per trovare sollievo alla sua inquietudine. Tornare indietro per recuperare ciò che la Storia le ha sottratto: un’infanzia ordinaria.
Come in “Cosmonauta” la costruzione del mondo in cui i personaggi si muovono prende spunto da momenti storici epocali (lì la guerra fredda, qui il terrorismo rosso) in cui lo spettro del comunismo mostra la sua ambivalenza. Ma quel mondo è solo uno stimolante pretesto per imbastire una riflessione inedita in quanto privata, mai disgiunta dalla realtà politica e sociale in cui agisce ma resa più vicina allo spettatore tramite l’espediente della fantasia che non vola mai oltre i confini della verosimiglianza.
Dopo essere stato presentato nella sezione Prospettive Italia del Festival Internazionale del film di Roma 2012, dal 10 gennaio “Alla Scoperta dell’Alba” arriva nelle sale italiane, distribuito da Fandango. Il desiderio di varcare la soglia di un cinema qualsiasi per immergersi ancora in questi 92 minuti di evasione cosciente è troppo forte per non essere assecondato.
Elisa Fiorucci