Una rissa in discoteca, due persone differenti tra loro si incontrano: avviene un contatto, qualcosa che li unirà. Stéphanie (Marion Cotillard) è una ragazza piena di vita che ama essere al centro delle attenzioni maschili, Alì (Matthias Schoenaert) è un uomo che si arrangia come può, basico, materiale, istintivamente animale: esseri distanti di diversa estrazione culturale, diverso stile di vita, due entità a sé che probabilmente non avrebbero mai avuto nulla in comune se quell'incontro/scontro non li avesse avvicinati. Proprio come due animali si annusano, si scoprono, si ameranno, rispettivamente per necessità, per solitudine, per completarsi. Audiard descrive la storia (tratta dalla raccolta di racconti Ruggine e Ossa di Craig Davidson) egregiamente e alla sua solita maniera, senza troppi fronzoli e con una costante amarezza onnipresente sullo sfondo, avvalendosi di forti contrasti, collocati tra la luminosa infinità dei luoghi naturali e le figure di contorno, così cariche di significato da rappresentare tappe di un cambiamento profondo e individuale. Le dicotomie contrassegnano l'intero lavoro a partire dai corpi dei due amanti, ossimori oggettivi ma allo stesso tempo così perfettamente amalgamati, dal rapporto umano e animale che li unisce, dalla fisicità scolpita e tonica di Alì che sostiene la bellezza duramente provata di Stéphanie. Il contrasto sembra infatti essere la chiave di volta e allo stesso tempo una via di fuga su cui si regge l'intera messa in scena. Il passo da qui a “Il Profeta” (2009) è breve, diverso l'innesco, differente la storia, ma lo stesso carico di umanità invasivamente riproposta nella sua crudezza senza alcuna mediazione, attraverso descrizioni minimaliste che a tratti esplodono in primi piani di piccoli accenti, del sangue che cola, un dente saltato, un piccolo enorme gesto di comunione. L'unità tra l'essere umano e il mondo che lo contiene sembra la sola cosa essenziale: un legame profondo e interiore che si stabilisce senza bisogno alcuno di parole, al pari dell'amore, in un percorso catartico che ci tiene sospesi fino ai titoli di coda.
Chiara Nucera