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Spider-Man: Far From Home

Mercoledì 10 Luglio 2019 10:24

Gli Elementali, mostri giganteschi con poteri primordiali legati (come suggerisce il nome) ai quattro elementi, fuoco, aria, acqua e terra, minacciano il pianeta, orfano di Tony Stark, compianto in ogni angolo del mondo. Senza gli Avengers a proteggere gli esseri umani della minacce extraterrestri, Nick Fury si rivolge ad un nuovo alleato, un alieno Quentin Beck altresì noto, in futuro come Mysterio (Jake Gyllenhaal) furioso perché a suo dire, le stesse creature, responsabili per la morte della sua famiglia, hanno devastato la sua patria natia. Seguito diretto di Avengers: Endgame  (2019) diretto da Jon Watts come il precedente stand alone Spider-Man: Homecoming (2016) prosegue le avventure del sedicenne Parker nella sua terza incarnazione cinematografica, legata all’MCU, un contesto ben più ampio in cui, lo scenario, si allarga a macchia d’olio su infinite possibilità e combinazioni. Tutte le persone scomparse con lo schiocco di dita di Thanos (Avengers: Infinity War 2018) , il famoso “snap” sono riapparse prive di ricordi e con qualche anno in più dopo la sua sconfitta, questo fenomeno è stato chiamato effetto “blip”. “Blippato” come amano dire gli studenti, distrutto dalle perdite subite, dopo aver vagato nello spazio e nel tempo, Peter Parker (Tom Holland), vuole godersi la gita scolastica che prevede un itinerario europeo, alla scoperta della scienza e offre un’ ottima scusa per trovare il modo di dichiararsi a MJ, Michelle Jones (Zendaya) la ragazza più bella e sfuggente della classe. Per questo Spidey può sempre contare sulla solidarietà del suo amico Ned Leeds (Jacob Batalon) l’unico compagno di classe a conoscere la sua identità segreta. I fantasmi del passato però lo tormentano, così come la “grande responsabilità” di prendere il posto di Tony come suo erede, tra illusioni e fallimenti, il ragazzo si trova a dover fare i conti con i super problemi che lo affliggono (metaforicamente) dal 1962, quando Stan Lee e Jack Kirby crearono il personaggio, più amato e famoso della scuderia Marvel. Posando su una base pregressa di eventi complessa e valida, il film ha un tono scanzonato, divertente, ha il  tipico umorismo adolescenziale che fa presa sulle nuove generazioni, senza invalidare la credibilità dei personaggi originali. É stato realmente girato nelle città post distrutte e devastate in CGI a Praga, Londra  e senza perdersi l’occasione di sottolinearne la bellezza tipica che offre ai turisti nella nostrana bella Venezia. La colonna sonora, del maestro Michael Giacchino si arricchisce di canzoni popolari quali il “Bongo Cha Cha Cha” e una versione remix di “Amore di Tabacco” di Mina. Al centro della vicenda il valore della “verità” nella realtà specchio di una società in cui si crede solo a quello che si vuole. Commovente per certi aspetti (ottimo il retcon con i precedenti) fa sorridere e intrattiene. Come ormai spesso accade le scene post-credits sono due, la seconda ci affaccia letteralmente verso nuovi orizzonti.

Francesca Tulli

Dune

Mercoledì 15 Settembre 2021 09:13
 
Il giovane Paul Atreides è spaventato davanti a quello che sarà il suo futuro, scritto dagli altri per lui. Egli è nato per essere visto come un dio e allo stesso tempo è il frutto di un azzardo,
un capriccio dell'amore dei suoi genitori. La sua è una vita, che in divenire può portare al tutto o al niente. Egli rappresenta la perfezione è uno strumento di pace destinato al successo, l’eletto oppure il suo contrario: il fallimento totale la rovina e il caos. Il ciclo di Dune il capolavoro di fantascienza di Frank Herbert iniziata con il primo libro del 1965 ha posto ironicamente una sfida anche ad ogni regista che ha provato una trasposizione cinematografica o seriale, passando dalle sapienti mani di David Lynch che non ebbe fortuna con la sua pellicola nel 1984 al progetto incompiuto di Jodorowsky. Questa è la volta di Denis Villeneuve che realizza il suo obiettivo di appassionato compiendo un opera per i neofiti e per chi ha sempre sperato di guardare una degna rappresentazione di questo mondo. Il giovane rampollo di cui seguiamo le gesta (Timothée Chalamet) è figlio del nobile Duca Leto (Oscar Isaac) e della sua amata concubina appartenente alla sorellanza Bene Jesserit Lady Jessica (Rebecca Ferguson). Paul possiede delle capacità straordinarie, tra cui quella della preveggenza e sogna continuamente una ragazza misteriosa dagli occhi completamente azzurri Chany (Zendaya) ed uno scintillante pugnale. Una romantica allegoria che al risveglio provoca dubbi e alimenta timori soprattutto se associato allo sfondo di una guerra imminente fuori dalle mura del suo palazzo per accaparrarsi la 'Spezia' la risorsa più preziosa sul Pianeta di Arrakis altresì detto Dune. L'Imperatore ha ordinato a Leto di proteggere il pianeta dall'ascesa dei loro nemici più stretti, guidati dallo strapotere del Barone Valdimir Arkonnen (Stellan Skarsgard) la cupidigia li ha resi invincibili. Chiave per la vittoria per entrambi è l’aiuto o l’asservimento da parte parte del popolo del deserto i Fremen, che hanno imparato a sopravvivere dove solo i giganteschi vermi della sabbia hanno la meglio ed inghiottono ogni cosa al loro passaggio. Sono proprio loro i Fremen a sperare che Paul sia “Lisan al Gaib” il Messia, il salvatore,  quando in realtà questa convinzione di fede è frutto dell’astuto piano politico messo in atto da un altra forza in gioco. La complessità della trama è alla base del successo della saga, che con i suoi sei tomi rappresenta una vera e propria 'bibbia' da cui i grandi maestri della fantascienza hanno attinto. La chiave che il regista ha scelto di utilizzare per questo adattamento è stata la bellezza delle immagini evocate dalle descrizioni, egli rappresenta ogni scenario con un attenta riproduzione dell'atmosfera, retro e allo stesso tempo avveniristica. Astronavi geometriche, palazzi imponenti su fondali dai colori netti, in prevalenza nero e bianco con l'inserimento di elementi di gusto giapponese. Con la lentezza di una partita a scacchi ben giocata Hans Zimmer (coronando un sogno personale) ha scritto la colonna sonora per ogni sequenza, trovando delle sonorità primitive e cupe da brivido, riconducibili a quelle dei Pink Floyd dei primi anni. Per i costumi si sono fatte due scelte: azzeccata quella che riguarda gli abiti da cerimonia, ricchi di particolari nella loro semplicità, meno per quello che riguarda le armature, troppo “militarizzate”  con la discutibile scelta, o l'errore (già frutto di accese polemiche tra i fan di lunga data) di lasciare i Fremen in tuta a volto scoperto.
Deliberatamente Villenuve scegli di non spiegare tutti i riferimenti al romanzo, indugiandoci, lasciandone una eco. Nel suo lavoro di sottrazione per rendere il film più fruibile, della complessità dei personaggi del libro è rimasta solo un impronta. Sono stati spogliati della loro sontuosità  una scelta discutibile, un esempio su tutti il Duca Leto da impassibile e distaccato, mostra solo il suo lato di padre premuroso, ne beneficiano i personaggi d’azione come il guerriero Duncan Idaho (Jason Momoa) o Kynes (Sharon Duncan-Brewster) donna nella visione del regista) ne perdono di fascino i più complessi.Il film è una parte uno, nello specifico è l'adattamento di metà del primo libro. Un lunghissimo antefatto che sorprende lo spettatore o lo lascia assetato.
 
Francesca Tulli

 

Dune - Parte II

Mercoledì 28 Febbraio 2024 11:35
“Lisan al Gaib!” così il popolo nomade dei Fremen, abitatori del deserto, chiama il Messia, giunto per guidarli verso “un pianeta verde” divisi tra chi seguendo una (costruita) profezia vede già questa figura religiosa nel protagonista di questo viaggio, Paul Atreides (Timothée Chalamet) e chi no. Il ragazzo è scappato durante la notte ad un attentato contro suo padre è figlio di un duca e di una sacerdotessa del culto di “streghe” Bene Gesserit, Lady Jessica (Rebecca Ferguson). Dalle pagine del libro di Frank Herbert fino ad arrivare alla trasposizione cinematografica di Denis Villeneuve, Dune rappresenta un testo “sacro” della fantascienza. Di sfondo una guerra di potere tra casate che si contendono il controllo della Spezia, una sostanza stupefacente in grado di prevedere il futuro e permettere un espansione del proprio dominio grazie ai viaggi interstellari. Qui il regista canadese riscrive (in parte) mantenendo le linee guida dell’originale e una forte corrispondenza con il libro, la sua versione del primo tomo e ne fa una trilogia divisa in tre film, il primo nel 2021 (uscito con il titolo omonimo “Dune”)  fungeva da prologo ed ora possiamo vederne lo sviluppo di quella storia in Dune: Parte 2. “La prima parte è un film contemplativo, mentre la seconda parte è un film di guerra epico e infarcito d’azione” così Villenuve ha descritto i suoi film e senza dubbio non ci sarebbe descrizione più appropriata. Nel contendersi il controllo sul pianeta Arrakis dove si svolge questa epica Space Opera, ci sono altre forze in gioco: i crudeli e spietati Harkonnen guidati dal barone Valdimir Harkonnen (Stellan Skasrsgard) e dai suoi nipoti rivali Rabban (Dave Bautista) e il na-barone Feyd-Rautha (Austin Butler). Violenti, succubi della loro stessa sete di potere con la percezione di essere superiori vantano astronavi e armi avanzatissime. Un’altra forza in gioco è l’impero retto dall’anziano Shaddam IV (Cristopher Walken) e sua figlia la principessa Irulan (Florence Pugh) complici anche loro nello scrivere il fato di Paul. A tirare le fila dietro il volere dell’imperatore, la “magia” delle “streghe” del culto  Bene Gesserit senza la quale niente avrebbe lo stesso esito. La vita di Paul però che sembra sembra sempre essere nelle mani di altri viene cambiata da un altra figura, una giovane ragazza guerriera, del popolo del deserto Chany Kynes (Zendaya) per cui inevitabilmente perde la testa. Il regista si è vaso di due stelle nascenti di Hollywood per assicurarsi il favore delle nuove generazioni adattando un romando del 1965, che ha un messaggio terribilmente attuale. Timotée Chalamet e Zendaya hanno diviso il pubblico di affezionati dal principio perché molto diversi dalle loro controparti cartacee e rappresentano l’unico punto potenzialmente debole del progetto. Il film con la sua durata di 165 minuti vanta effetti visivi di livello ed un incredibile comparto sonoro: il verme delle sabbie, una creatura centrale all’interno della narrativa viene pre-annunciato da un profondo rumore prodotto dallo strumento chiamato martellatore, reso in modo eccellente. Dune non sarebbe lo stesso senza la colonna sonora solenne di Hans Zimmer,  che aveva scritto anche le musiche del primo film perché affezionato dall’adolescenza al materiale di partenza. L’intera operazione dietro lo sviluppo di Dune sta lentamente lasciando un segno, come una clessidra che un granello alla volta accompagna l’inesorabile avanzare del tempo, qui voltata, ci riporta indietro alla vera fantascienza e verso il termine della storia che lo consacrerà metaforicamente, come un moderno vangelo, alle nuove generazioni.
 
Francesca Tulli