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Venezia 77 : tutto il programma

Mercoledì 29 Luglio 2020 15:41
Presentato il programma di Venezia 77, che si terrà al Lido dal 2 al 12 settembre. Un’edizione della Mostra del Cinema particolare poiché sarà il primo festival in forma “tradizionale”, nel rispetto delle misure sanitarie, dall’inizio della pandemia.
 
Diciotto film in gara: 4 italiani, 2 americani e con una sola star: Frances McDormand, protagonista di Nomadland della cino-americana Chloe Zhao. Il direttore della Mostra, Alberto Barbera, l’ha già indicato come serio contender agli Oscar 2021.
 
 
Il film di apertura è Lacci di Daniele Luchetti, con Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio. Film di chiusura è Lasciami andare di Stefano Mordini, con Stefano Accorsi e Valeria Golino.
 
Entrambi sono Fuori concorso. In questa sezione anche il documentario su Salvatore Ferragamo di Luca Guadagnino (Salvatore. Shoemaker of Dreams). Quello su Paolo Conte, atteso a Venezia l’11 settembre. E quello su Greta Thunberg. Tra i film sempre Fuori concorso, The Duke di Roger Mitchell, il regista di Notting Hill, con Helen Mirren.
 
In Orizzonti, c’è l’esordio come regista di Jasmine Trinca (il corto Being My Mom, con Alba Rohrwacher) e quello di Pietro Castellitto (I predatori). Aggiungete Mainstream di Gia Coppola, con Maya Hawke e Andrew Garfield. E Nowhere Special di Uberto Pasolini.
 
Il Leone d’Oro verrà assegnato il 12 settembre 2020 dalla giuria guidata da Cate Blanchett, durante la serata condotta da Anna Foglietta, scelta quest'anno come madrina.
 
 
Di seguito tutti i titoli del Concorso Ufficiale:
 
In Between Dying di H. Baydorov (Azerbajan)
Le sorelle Macaluso di Emma Dante, con Donatella Finocchiaro (Italia)
The World to Come di Mona Fastvold, con Katherine Waterston, Vanessa Kirby e Casey Affleck (USA)
Nuevo Orden di Michel Franco (Messico)
Amants di Nicole Garcia, con Pierre Niney e Stacey Martin (Francia)
Laila in Haifa di Amos Gitai (Israele)
And Tomorrow the Entire World di Julia von Heinz (Germania)
Cari compagni di A. Konchalovsky (Russia)
La moglie della spia di K. Kurosawa (Giappone)
I figli del sole di M. Majidi (Iran)
Pieces of a Woman di K. Mundruczo, con Shia LaBeouf e Vanessa Kirby (Canada)
Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, con Romola Garai (Italia)
Padrenostro di Claudio Noce con Pierfrancesco Favino (Italia)
Notturno di Gianfranco Rosi (Italia)
Non cadrà più la neve di M. Szumowska e M. Englert (Polonia)
The Disciple di C. Tamhane (India)
Quo Vadis, Aida? di J Zbanic (Bosnia)
Nomadland di Chloe Zhao, con Frances McDormand (USA)
 

Tra gli eventi speciali delle Giornate degli Autori, alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia che si terrà al Lido dal 2 al 12 settembre, troviamo Samp di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. La coppia prolifica di artisti ha sia scritto che prodotto questo interessante lavoro, sviluppatosi lungo 19 anni e di cui Antonio Rezza è il protagonista. La particolarità di questo lavoro, oltre all'originalità a cui il duo ci ha abituato, è proprio che si seguono i personaggi in un arco temporale che parte dalla data di inizio riprese nel 2001 e che termina nell'anno corrente, tale sviluppo ci farà vedere il cast maturare nel corso del tempo assieme agli autori stessi. 

 

Samp, killer di professione, viene ingaggiato da un potente presidente per uccidere i tradizionalisti. L'uomo Samp è affetto da turbe psicologiche che cura con la musica. Dopo aver ammazzato la madre, vaga nella terra di Puglia alla ricerca della donna ideale; durante il suo vagabondaggio incontra persone che conducono una vita naturale, personaggi alla ricerca delle proprie origini e un singolare musicista. Improvvisamente si innamora. Non una ma più volte. Di donne inconsistenti. Uccide ancora e torna un poco umano, di quell'umanità che finirà per stroncare le sue ambizioni di potere.

 
 
Flavia Mastrella e Antonio Rezza si occupano di comunicazione involontaria. Hanno realizzato tredici opere teatrali, cinque film lungometraggi, una serie sterminata di corto e medio metraggi. Flavia Mastrella si occupa inoltre di scultura, fotografia e Antonio Rezza di letteratura. Tra il 1996 e il 2020 collaborano con Tele+ e con Raitre. Hanno ricevuto il Premio Alinovi per l'arte interdisciplinare, il Premio Hystrio, il Premio Ubu, il Premio Napoli, l'attestato di Unicità nella Cultura a Montecitorio, il Premio Ermete Novelli e nel 2018 viene loro assegnato dalla Biennale Teatro di Venezia Il Leone d'oro alla carriera. Nel 2019 La Milanesiana conferisce loro il Premio Rosa d'oro. Le loro opere sono state presentate a Parigi, Madrid, Mosca, Shanghai e New York.
 

 

In attesa della sua uscita nelle sale, prevista per il 18 Settembre 2020, verrà presentato domenica 6 settembre nel corso della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il lungometraggio Donne e donne.
 
Scritto prodotto e diretto da Minuta Gabura, che ne è anche interprete, Donne e donne è ispirato a una storia vera ed è dedicato a tutte coloro che hanno trovato la morte per mano di un uomo, ma anche a coloro che subiscono e hanno subito ogni tipo di violenza e che, con coraggio, sanno ricominciare.
 
 
Sinossi:
Giulia è una donna di 34 anni, romena madre di due giovani figli e con poca fortuna. In testa il tormento di un sogno: aprire un bar nella sua città, ma non aveva a disposizione risorse finanziare sufficienti. Decide di affrontare un enorme sacrificio, quello di lasciare i figli con i genitori e intraprendere un viaggio in Italia in cerca di un lavoro per poter realizzare il suo sogno. Padova le si presenta come una città ricca e piena di nuove possibilità lavorative. Si impegna per ben sette anni a svolgere vari mestieri, riuscendo a lavorare infine per conto suo a Villa Carla, organizzando eventi e feste private, con l'aiuto anche dei figli. Giulia trova anche l’amore. Nel suo cuore fa breccia un uomo di nome Marco e intraprende con lui una relazione per circa sei anni, progettando in futuro il matrimonio. Ma, proprio quando tutto sembra andare per il meglio, accade qualcosa che sconvolgerà la sua vita. Dopo la morte di Marco, le si avvicina un uomo di nome Luca, che Giulia e i suoi familiari considerano una persona dal carattere umile e generoso; ma anche questa volta la donna è inconsapevole di ciò che le sta per accadere.
 
Girato tra Padova e Venezia, Donne e donne porta in scena due uomini agli antipodi, due amori opposti: un amore puro e un amore violento.
 
Accanto a Minuta Gabura, fanno parte del cast Antonio Zequila, Daniele Lo Savio, Luis Fernandez de Eribe, Iuliana Popovici, Maria Pia Berno, Daiana Bianco, Giulia Corroccher, Giuseppe Milazzo Andreani, Paolo Braghetto, Mauro Cicciarello, Moreno Pampagnin, Dario Luigi Tardivo, Alexandra Moldoveanu, Desiree Cionac.
 
L’appuntamento con regista e cast che presenteranno Donne e donne alla settantasettesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia è per Domenica 6 Settembre 2020, alle ore 14.30, nell’ambito degli incontri della Regione Veneto – Fondazione Veneto Film Commission, presso l’Hotel Excelsior.
 

Venezia 77. Tutti i premiati

Sabato 12 Settembre 2020 20:26
Il Leone d'Oro della 77esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia va al film Nomadland di Chloé Zhao. Coppa Volpi a Pierfrancesco Favino per Padrenostro e a Vanessa Kirby per Piece of a woman. 
 
 
Il Leone d’Argento alla Miglior Regia va a Kiyoshi Kurosawa per Spy no tsuma, il Gran Premio della Giuria a Nuovo Orden di Michel Franco e la Miglior Sceneggiatura a Chaitanya Tamhane per The Disciple. 
 
 
Pietro Castellitto ritira il premio alla Miglior Sceneggiatura per la sua opera prima, I predatori, in gara nella sezione Orizzonti e si apre a dei ringraziamenti dadaisti «Solo gli infami e i traditori sono bravi con i ringraziamenti. Ringrazio la mia famiglia, che mi ha insegnato a essere fiero di me stesso, e dedico il premio a tutti quelli che non la pensano come me perché è solo legittimandoli che troveremo degli nuovi simboli in grado di reinventare la modernità».
 
Tra gli altri premi di Orizzonti sono da segnalare il Leone d’oro del Futuro-Luigi De Laurentiis, dedicato ai registi esordienti, alla regista portoghese Anna Rocha de Sousa per il film Listen, che vince anche il Premio Speciale della Giuria presieduta da Claire Denis.
La Miglior Regia va a Lav Diaz per il film Lahi, Hayop (Genus Pan) dalle Filippine, e il Miglior Film che va a Dashte Kmamoush (The Wasteland) di Ahmad Bahrami.
 
I miglior attori di Orizzonti sono, infine, Khansa Batma per il film Zanka Contact e Yahya Mahayni per il film The man who sold his skin. 

Lacci

Martedì 08 Settembre 2020 13:26
Apre l’edizione 2020 del Festival di Venezia l’ultimo film di Daniele Luchetti, regista romano che spesso pone al centro delle sue opere la natura delle relazioni familiari e sentimentali. 
La storia si apre nel contesto della Napoli dei primi anni 80. Vanda (Alba Rohrwacher) e Aldo (Luigi Lo Cascio) sono una coppia con due figli, un maschio e una femmina, che subito affronta una crisi nel momento in cui lui s’innamora di Lidia,  una collega più giovane che gli farà mettere in discussione il suo ruolo genitoriale e maritale.
Ma il tempo non è sempre portatore di soluzioni edificanti. La seconda metà del film racconta la vita diadica dei più adulti Vanda e Aldo, interpretati stavolta da Laura Morante e Silvio Orlando che, dopo un weekend al mare trovano, al loro ritorno, il proprio appartamento devastato da ignoti e il gatto Labès, unica proiezione di vero e confortevole amore, scomparso.
A questo punto il film ci mostra anche i figli, ormai adulti, dei due protagonisti: Anna (Giovanna Mezzogiorno) e Sandro (Adriano Giannini), che non dividono mai la scena con i propri genitori, rendendo così più evidenti i differenti impatti psicologici delle azioni genitoriali nei confronti di figli inermi.
La natura dei sentimenti e come questi veicolino i rapporti umani è il filo conduttore della narrazione incentrata sulla famiglia protagonista del film di Luchetti, che si muove tra le macerie di una storia familiare che resiste al carico emotivo di un disamore latente che esplode fin dalle prime scene, per colpa o merito di un terzo e giovane personaggio femminile che detona il placido menage di una famiglia medio-borghese dell’Italia dei primi anni 80.
C’è una importante centralità dei dialoghi e delle parole che, seppure esplicativi delle dinamiche sentimentali e familiari, rendono il film a tratti verboso e quasi didascalico. Si ha l’impressione che i personaggi, seppure coinvolti dal pathos emotivo della lotta e della riconciliazione, vogliano spiegare allo spettatore, senza enuclearle davvero, le cause dei loro drammi interiori e le tensioni familiari conseguenti. E tanto i discorsi sono importanti (Aldo è una voce in radio) e puntellano la narrazione, che i momenti tensivi tra i personaggi principali sono resi muti dal regista, che sceglie discretamente di farsi più da parte, rendendoli così, in quei casi, paradossalmente più efficaci e autentici.
Il film mostra le conseguenze psicologiche dell’infanzia, e quindi anche le conseguenze dei rapporti genitoriali, sulla vita dell’uomo adulto e sul valore che questo darà alla propria vita e alla gestione delle proprie pulsioni.
La figura del padre raccontata da Luchetti è quella di un genitore distratto, corrivo, seppure a suo modo presente, che non sa o forse non vuole cogliere davvero le proprie responsabilità in nome di una malcelata sfrontatezza nell’inseguire una felicità amorosa che appaghi l’unico sentimento autentico che provi un uomo vanesio. E’ un padre degli anni 80, di una società in divenire, in cui la famiglia comincia a non essere più, o almeno non solo, il centro della vita dell’uomo. Al tempo stesso però, il personaggio interpretato da Lo Cascio raggiunge il massimo della sua dignità nel momento in cui esprime la volontarietà di seguire la natura delle sue vere passioni. 
“Noi abbiamo fatto un patto, e rispettarlo è un fatto di lealtà. Se ti sei innamorato è un altro conto. Se tu ora dici la verità salvi la vita a tutti” dice Vanda ad Aldo, dopo che lui le confessa il suo tradimento. In questa battuta c’è tutto il senso che nutre lo spirito del messaggio filmico di Luchetti e c’è l’archè di quello che vedremo nell’ora successiva. 
La vera scelta, quella importante davvero, che farà Aldo, non sarà infatti quella di andare via, ma quella di tornare e tenere per sempre il vero amore rinchiuso in un cubo di legno inespugnabile. Come in un’urna, in cui il passato è il laccio corrosivo di un presente privo di reale ed onesta autenticità sentimentale.
I lacci a cui fa riferimento il titolo del film sono infatti legami, a volte nodi, a volte catene, che nutrono lo spirito delle relazioni umane e che in una scena, svolta narrativa nel film, sono fisicamente motore di riconciliazione e strumento di redenzione per un padre per anni assente.
Il vero errore, sembra dire il regista allo spettatore, è quindi quello di non far corrispondere le proprie azioni ai propri sentimenti, costruendo così legami che possano esplicitare un esemplare senso di responsabilità in chi li subisce.
 
Valeria Volpini

Pieces of a woman

Giovedì 21 Gennaio 2021 23:11
Pieces of a Woman, presentato a Venezia lo scorso settembre, acclamato dalla critica, è entrato a far parte del catalogo Netflix dal 7 gennaio. Al suo primo lungometraggio in lingua inglese, Mundruczò dirige un’opera molto intima e straziante, dall’epidermide ruvida, capace di destare nello spettatore sin da subito un atteggiamento di forte empatia. Il film inizia con il parto della protagonista Marta, che decide di affrontare questo delicato momento all’interno delle mura domestiche in presenza del marito Joel e di una ginecologa raccomandata dalla propria, impegnata in un’altra emergenza. 
Purtroppo gli eventi non vanno come previsto e la bimba perde la vita pochi istanti dopo essere venuta al mondo. E’ il punto di rottura di un equilibrio, la cristallizzazione indelebile di un momento traumatico, che rappresenta per la protagonista il principio di un lungo e doloroso calvario spirituale e fisico. Se la famiglia di Marta canalizza la propria rabbia nella persecuzione legale della ginecologa, ritenuta la principale responsabile della tragedia, la donna invece si chiude in un dolore gelido che non riesce ad esplodere, ma che confluisce all’interno,  alimentando giorno dopo giorno un tremendo vuoto interiore. Il concetto di frantumazione, di rottura, è un leitmotiv che accompagna tutta la durata del film, suggerito dal titolo stesso assolutamente autoreferenziale. Mundruczò, ispirandosi ad una vicenda vissuta personalmente (la storia si riferisce a sua moglie, qui in veste di sceneggiatrice), ricostruisce attraverso le immagini un quadro estremamente asciutto e sincero, caratterizzato da un realismo portato alla massima espressione. Del film infatti si apprezza soprattutto la spontaneità e il desiderio di limpidezza nel narrare un evento traumatico attraverso passaggi spigolosi, scanditi dal trascorrere inesorabile dei mesi. Tuttavia c’è qualcosa che lascia interdetti, un elemento di frammentarietà che si percepisce dalle prime sequenze e che trova una sua concretizzazione nel finale. Un aspetto che potrebbe anche trovare giustificazione negli intenti principali del regista e nel significato intrinseco del film, ma che non giova nel modo più assoluto alla fluidità della trama. C’è troppa esasperazione nel realismo di Mundruczò, un eccesso che non è capace di reggere l’impianto del lavoro. La stessa scena inziale del parto, è sicuramente un ottimo lavoro a livello di compenetrazione emozionale e impeccabilità interpretativa, ma affatica per l’estrema lunghezza del segmento finendo col rendere distante lo spettatore. Mundruczò è talmente attento al realismo che arriva quasi a trascurare lo scheletro della storia (di per sè già molto essenziale), affidandosi nel finale al potere evocativo delle immagini, con un’ultima sequenza un po' troppo masticata ed approssimativa.
Nonostante ciò, una menzione speciale va a una Vanessa Kirby molto intensa, che  regala una performance largamente al di sopra delle aspettative, donando grande profondità a molti momenti praticamente al limite dell’essenzialità narrativa. 
 
Giada Farrace