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Visualizza articoli per tag: robert de niro

Joy

Domenica 17 Gennaio 2016 12:19
In un mondo dove le commedie sono “fuori tempo”, David O. Russel le riporta in auge e ricompatta il suo team vincente di attori protagonisti de “Il Lato Positivo”. Joy (Jennifer Lawrence) ha una famiglia rimarcabile composta da una nonna sognatrice, un padre inopportuno (Robert De Niro), un marito con cui va più d’accordo da divorziata, un figlio “invisibile”, una figlia adorabile e una madre rimbambita che vive attaccata alla tv a seguire le Telenovelas. La ragazza non sa quale direzione far prendere alla sua vita, è costretta a fare da “mamma” anche ai genitori. La sua giornata viene riempita da battibecchi e faccende domestiche surreali. L’inaffidabilità dei prodotti per la casa, la portano ad ingegnarsi per costruire un modo per pulire senza sporcarsi. Un bel giorno prende i pastelli colorati della figlia, le trecce di lana di una sua bambola e, dal niente, una lampadina si accende nella sua testa, disegna il primo prototipo di Mocio riutilizzabile e lotta perché la sua idea entri nelle case di tutti. Pronta a tutto lo brevetta lo fa sponsorizzare arriva addirittura alla scrivania di un vecchio amico del suo “quasi” marito, Neil Walker (Bradley Cooper). Egli dirige i traffici del magico mondo delle televendite e la rimbambisce di chiacchiere come faceva la nonna, il sogno americano del “tutto è possibile” diventa il vero protagonista della pellicola. Tutto fu davvero così per l’imprenditrice Joy Magnano, grazie alle sue invenzioni (più di 100) la donna con i suoi 59 anni è tutt’oggi sulla cresta dell’onda. Il film è liberamente ispirato alla sua vita. Jennifer Lawrence ha già ottenuto un Golden Globe per il ruolo da protagonista femminile nella categoria “Comedy-Musical” ed è (per la quarta volta) in lista per l’Oscar (nel 2013 ne vinse uno con lo stesso regista). La Joy cinematografica sembra una caricatura della imbattibile Katniss di Hanger Games (interpretata dalla stessa) con il doppio della determinazione e la lingua ancora più tagliente. Super Donna, Super mamma, frenata solo dalla vita che sembra voler castrare i buoni propositi dell’intero mondo. La sceneggiatura altrettanto affettata porta la firma del regista. I costumi sono indubbiamente accurati per il mood anni 90, come in un catalogo di Barbie. Il compositore della colonna sonora David Cambell convince solo nelle sequenze che vogliono diventare “cult”. Girato senza dubbio con sapienza, la fotografia dai colori saturi e la scenografia da romanzo leggero contribuisco al “troppo” stupore che lo spettatore percepisce guardando una pubblicità perfetta. La sensazione che si ha è che il regista non abbia voluto rischiare, puntando sul suo cavallo “vincente” la solita cifra. Ma questa è l’America.
 
Francesca Tulli

Killers of the Flower Moon

Giovedì 19 Ottobre 2023 12:08

Ci sono dei dettagli imprescindibili che permettono agli spettatori più attenti di riconoscere sin da subito quello che è un film di Martin Scorsese già dalla prima scena. Accade in Toro Scatenato, in cui Jake La Motta, in una cornice quasi onirica avvolta dal bianco e nero, si muove in slowmotion sul ring accompagnato da una colonna sonora lenta, che sembra quasi prenderlo per mano prima del combattimento. Oppure in The Aviator, dove ci viene mostrato un Howard Hughes bambino, lavato con estrema cura da una madre che lo mette in guardia sui pericoli del colera, seminando in lui il germe di quel disturbo ossessivo nei confronti dello sporco, noto come misofobia. In entrambi i casi, Scorsese fornisce informazioni determinanti ai fini di una storia che andrà mano a mano a svelare e lo fa in modo velato e meticoloso, attraverso tanti piccoli elementi. In Killers of the Flower Moon, Scorsese decide di raccontarci una storia di crimini e ingiustizie, perpetrate da una fitta schiera di bianchi americani stabilitisi nella contea di Osage.  Proprio nel 1920 in si registrò il più alto tasso di morti indiane, vittime di un sanguinoso sistema di acquisizione indiretta delle loro terre. Unirsi in matrimonio con un nativo per possederne dopo la morte  i beni e i rispettivi terreni, era lo scopo di ogni bianco. Latifondi  preziosissimi, culla di quello che di lì a poco sarebbe divenuto il capitale più ingente dell’economia mondiale: l’oro nero, il petrolio. A capo di questa struttura criminale, lo spietato William Hale, interpretato da un Robert De Niro che mette i brividi per l’aderenza perfetta ad un personaggio crudele e assetato di potere. Hale persuaderà suo nipote Ernest, interpretato da Leonardo Di Caprio (impeccabile, ma in questo caso una spanna sotto la perfomance di De Niro), a sposare una donna Osage con lo scopo di impadronirsi evidentemente dell’ennesima ricca eredità.  Tuttavia, il cerchio è presto destinato a chiudersi, e le conseguenze saranno inevitabili per tutti i carnefici. Siamo di fronte ad un altro capolavoro scritto e diretto da quello che è forse il regista più affabulatore e poliedrico di sempre. Perché se c’è un pregio che si deve riconoscere a Scorsese è quello di cambiare pelle e raccontarci ogni volta qualcosa di diverso. A cambiare non sono soltanto i contesti storici, i messaggi veicolati e il processo di ricostruzione di un evento ( che sia di finzione o tratto da una storia vera), ma il modo di raccontarci quella vicenda. E in questo caso specifico, Scorsese compie un atto sovversivo e imprevisto ai fini del consueto intreccio narrativo, svelandoci sin da subito chi sono i responsabili delle atrocità sopracitate. Un dramma investigativo inconsueto, sovversivo perchè privo di un vero e proprio processo di indagine da parte dello spettatore. Qui la grandezza di questo regista, che passa dal gangster movie alla commedia nera continuamente senza perdere mai il focus di una storia centrata sulla spietatezza dei bianchi nei confronti di un popolo, come quello Osage, gentile e puro, e per questo ancor più incline ad inganni e vessazioni. Impossibile da incasellare con precisione all’interno di un genere, Killers of the Flower Moon è forse il film più duro che Scorsese abbia mai diretto negli ultimi anni nonché il più completo e riuscito.

Giada Farrace