Ieri sera al Nuovo Sacher ho visto questo piccolo, breve, delicatissimo film francese presentato con successo a Berlino e in diversi festival minori. Fortunatamente e inconsapevolmente è stato proiettato dai bravi esercenti morettiani in versione originale e dico fortunatamente perché se il doppiaggio è sempre da evitare lo è ancora di più quando si tratta di film con bambini protagonisti, le loro espressioni molto naturali non possono subire un doppiaggio in studio da parte di altri bambini. E’ assurda la sola idea.
Tomboy è il protagonista e ha 10 anni. Tomboy è un nomignolo. Il nome vero è Laure o Mikael. Tomboy è un termine pressappoco simile a quello che a Roma si usa per “maschiaccio” rivolto alle ragazzine con atteggiamenti maschili nel vestirsi, nella scelta dei giochi, nel parlare. Tomboy sta scegliendo la propria attitudine sessuale e nemmeno lo sa, forse. Tomboy lo capisci subito dal titolo che la regista decide di offrirci su sfondo nero prima con la scritta azzurra, poi rosa e poi finalmente alternata azzurra e rosa. Colorata non monocromatica come è giusto che sia la natura dei bambini.
Il periodo di svolgimento dell’azione è molto breve, dura meno di un’estate quella in cui i genitori che attendono un nuovo bambino, la sorellina Lisa e Tomboy si trasferiscono in nuovo appartamento. Anche in questo è bravissima Céline Sciamma: a non prolungare troppo la fase di “osservazione” nella vita di Tomboy. E’ un breve periodo, cruciale della vita del protagonista che ci permette di seguirne con la mdp attaccata al corpo movenze, reazioni, giochi, pensieri, senza troppe filosofie. Solo il quotidiano. C’è un’altra grandissima protagonista nella storia di Tomboy e badate bene non è Jeanne la ragazzina grande che inevitabilmente si “innamora” di questo nuovo arrivato, ma la sorellina Lisa. Straordinaria sia per come “recita” ma anche fondamentale nel ruolo. Lisa è l’unica che non si chiede perché Laure abbia deciso di “essere” Mikael. Lo accetta perché le vuole bene, si fida di lei e non ha la malizia e soprattutto il preconcetto dei grandi. E fra i grandi oltre a mamma e papà (più tenero e gentile sicuramente rispetto alla reazione materna in quanto “maschio” e potenzialmente più vicino al sesso che sta scegliendo la figlia) purtroppo ci sono già anche i coetanei di Tomboy... è con loro il vero confronto.
Naturalmente non dico nulla di più ma il finale scelto dalla giovane Sciamma è assolutamente da condividere, senza scene madri o forti, vero e bello come tutto il film. Direi che ricorda molto il finale dell’ultimo film dei fratelli Dardenne “Le gamin au vélo”.
E non è poco... tutt’altro.
Marco Castrichella