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Visualizza articoli per tag: foto di famiglia

Foto di famiglia

Mercoledì 18 Ottobre 2023 13:35

Si dice ispirato a una storia vera il secondo e ultimo lavoro, in ordine di tempo, del regista giapponese Ryota Nakano.

La scena si apre con le immagini di una veglia funebre dedicata al padre del protagonista : Masashi

Asada, di professione fotografo.

Poi un flashback al 1989, gli anni in cui Masashi e il fratello erano ragazzini e i loro caratteri già somigliavano alle loro personalità da adulti: Masashi ribelle ed estroso e Yukihiro cauto e responsabile.

La famiglia Asada, è una famiglia inusuale per gli anni 80: la madre lavora come infermiera e il padre si occupa dei figli e della casa. Lui amava fare le foto e ogni anno ne scattava una ai figli (l’ultimo dell’anno) e poi le raccoglieva in un calendario gelosamente conservato negli anni. Masashi aveva la stessa passione del padre. Una sera, dopo una serie di incidenti domestici, si ritrovò con tutta la famiglia nell’ospedale dove lavorava la madre, ognuno con delle ferite da suturare. Lì fu la prima volta che la famiglia fu inclusa nel sogno di Masashi quando ebbe l’idea di rappresentare tutta la famiglia il giorno in cui tutti insieme si ritrovarono in ospedale.

La famiglia diventa così il soggetto preferito di Masashi. Comincia a ritrarla in ogni ruolo partendo dalle aspirazioni disattese del padre che voleva diventare pompiere e si è ritrovato invece a gestire la casa e i figli. Masashi raffigura così la famiglia come una squadra di pompieri, come dei killer, come dei ladri, come dei piloti di formula uno e così via, facendo loro interpretare quei ruoli che mai avevano o avrebbero potuto interpretare nella vita. Ne compone un album e poi un libro che riesce, col tempo e dopo numerosi flop, a pubblicare rendendolo un fotografo di fama. Parte importante del twist plot della sua vita sarà Wakane, la ragazza, sua musa, che aveva, da ragazzina, fotografato sorridente sul molo e che poi sarà uno dei motori del suo successo.

 “Sono pronto a viaggiare ovunque per fotografare la tua famiglia” si legge sull’ultima pagina del libro di fotografie di Masashi. E questa frase viene interpretata alla lettera da uno dei suoi lettori che lo chiama a ritrarre lui e la sua famiglia. Da lì inizia il viaggio tra le immagini familiari giapponesi che Masashi rende vive, impresse sulle foto, riuscendo a estrapolarne l’essenza con un’iconografia ironica e rappresentativa.

Le foto diventano il paradigma su cui fondare i baluardi dei ricordi personali e familiari. Masashi ne comprende l’importanza reale nel 2011, dopo che un forte tsunami distrugge le case e le vite di molte famiglie giapponesi. Comincia la sua attività di volontario e, insieme ad altri ragazzi, decide di cercare le foto tra i detriti, pulirle, appenderle e permettere a chi ha perso tutto, di trovare le immagini sfocate dei propri ricordi.

“Le foto rendono i ricordi tangibili e ci danno la forza di andare avanti” dice uno dei personaggi.

Il film si muove delicatamente sui calcinacci delle case e sui detriti dell’anima che lo tsunami del 2011 aveva prodotto e, come in uno scrigno segreto, racchiude i sentimenti del protagonista liberandoli solo verso la fine della narrazione, quando si manifesta la consapevolezza di come il suo lavoro possa essere il veicolo della nostalgia di chi è ritratto.

E la pellicola ha in effetti un suo tono nostalgico seppure mai tragico, nonostante l’evento raccontato verso la metà della trama. Si nutre delle speranze e delle emozioni sospese di chi cerca un appiglio per non desistere. La famiglia Asada è il paradigma di tutte le famiglie del Giappone e del mondo, rappresentando l’idea che ognuna è speciale a suo modo.

La composizione narrativa si sviluppa con rimandi metanarrativi rispondendo alle regole del buon cinema. C’è stile ma l’efficacia del tema è forse sacrificata da una prolissità un po’ ridondante che ne impoverisce l’aspetto semantico seppure riesca a conservare quello simbolico del messaggio filmico.

 

Valeria Volpini