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Visualizza articoli per tag: Timothée Chalamet

Un giorno di pioggia a New York

Giovedì 28 Novembre 2019 12:43

Entrare in sala sapendo che si vedrà un film di Woody Allen coincide solitamente  con il momento che precede l’arrivo di una carezza piacevole e allo stesso modo eccitante. Questo meccanismo si innesta in quasi tutti i casi ed è quanto di più dolcemente confortante  possa offrirci un film di Allen. Un giorno di pioggia a New York è l’ennesima conferma che questo straordinario regista riesce sempre (tranne rarissimi casi) a centrare il bersaglio con una disinvoltura e una maestria impareggiabili. La vicenda prende vita nella grande mela, dove la giovanisima coppia composta da Gatsby (Timothée Chalamet) e Ashleigh (Elle Fanning) si trova a dover trascorrere un intenso e vulcanico weekend all’insegna dell’imprevisto.  E se da un lato Ashleigh verrà catapultata in un contesto del tutto inaspettato a seguito di un’intervista ad un noto ed affascinante regista, dall’altro Gatsby dovrà fare i conti con la polverizzazione di tutti i suoi progetti organizzati in modo impeccabile per immergere la sua dolce metà in una città malinconica ed esuberante come la sua New York.  Woody Allen torna finalmente a dirigere un film che ripercorre fieramente e senza alcun indugio quel sentiero che gli è tanto caro e familiare e che corrisponde alla commedia più vivace, romantica, da sempre arricchita da quel pizzico di cinismo che rende ogni cosa più pungente.  E anche in questo caso, a fare da colonna portante del film sono i dialoghi, fitti e sferzanti, capaci di donare al tessuto narrativo quella linfa vitale che rende il tutto più fluido e dinamico. La scorrevolezza di Un giorno di Pioggia a New York è pertanto dovuta in larga parte alla costruzione di scene riuscite e in grado di colpire con rara genialità, ma anche al talento di un cast del tutto inserito nel contesto, a partire proprio dal protagonista, Timothée Chalamet. Gatsby è infatti il riflesso più acerbo della moltitudine di personaggi interpretati da Woody Allen nel corso della sua lunghissima carriera. Cinico e dall’aria a tratti malinconica, Gatsby è l’Allen più giovane e romantico, il quale non è ancora giunto alla fase più penetrante di cinismo esistenziale. Siamo alle battute finali e risulta quindi impossibile non evidenziare quanto ci sia di speciale in questo film che rischiava seriamente di non essere distribuito affatto in sala. Con Un giorno di pioggia a New York Allen ripropone con profonda incisività alcuni temi cari al suo cinema, uno tra tutti quello legato all’imprevedibilità degli eventi e a quanto sia inafferrabile la certezza della felicità.  

Giada Farrace

Dune

Mercoledì 15 Settembre 2021 09:13
 
Il giovane Paul Atreides è spaventato davanti a quello che sarà il suo futuro, scritto dagli altri per lui. Egli è nato per essere visto come un dio e allo stesso tempo è il frutto di un azzardo,
un capriccio dell'amore dei suoi genitori. La sua è una vita, che in divenire può portare al tutto o al niente. Egli rappresenta la perfezione è uno strumento di pace destinato al successo, l’eletto oppure il suo contrario: il fallimento totale la rovina e il caos. Il ciclo di Dune il capolavoro di fantascienza di Frank Herbert iniziata con il primo libro del 1965 ha posto ironicamente una sfida anche ad ogni regista che ha provato una trasposizione cinematografica o seriale, passando dalle sapienti mani di David Lynch che non ebbe fortuna con la sua pellicola nel 1984 al progetto incompiuto di Jodorowsky. Questa è la volta di Denis Villeneuve che realizza il suo obiettivo di appassionato compiendo un opera per i neofiti e per chi ha sempre sperato di guardare una degna rappresentazione di questo mondo. Il giovane rampollo di cui seguiamo le gesta (Timothée Chalamet) è figlio del nobile Duca Leto (Oscar Isaac) e della sua amata concubina appartenente alla sorellanza Bene Jesserit Lady Jessica (Rebecca Ferguson). Paul possiede delle capacità straordinarie, tra cui quella della preveggenza e sogna continuamente una ragazza misteriosa dagli occhi completamente azzurri Chany (Zendaya) ed uno scintillante pugnale. Una romantica allegoria che al risveglio provoca dubbi e alimenta timori soprattutto se associato allo sfondo di una guerra imminente fuori dalle mura del suo palazzo per accaparrarsi la 'Spezia' la risorsa più preziosa sul Pianeta di Arrakis altresì detto Dune. L'Imperatore ha ordinato a Leto di proteggere il pianeta dall'ascesa dei loro nemici più stretti, guidati dallo strapotere del Barone Valdimir Arkonnen (Stellan Skarsgard) la cupidigia li ha resi invincibili. Chiave per la vittoria per entrambi è l’aiuto o l’asservimento da parte parte del popolo del deserto i Fremen, che hanno imparato a sopravvivere dove solo i giganteschi vermi della sabbia hanno la meglio ed inghiottono ogni cosa al loro passaggio. Sono proprio loro i Fremen a sperare che Paul sia “Lisan al Gaib” il Messia, il salvatore,  quando in realtà questa convinzione di fede è frutto dell’astuto piano politico messo in atto da un altra forza in gioco. La complessità della trama è alla base del successo della saga, che con i suoi sei tomi rappresenta una vera e propria 'bibbia' da cui i grandi maestri della fantascienza hanno attinto. La chiave che il regista ha scelto di utilizzare per questo adattamento è stata la bellezza delle immagini evocate dalle descrizioni, egli rappresenta ogni scenario con un attenta riproduzione dell'atmosfera, retro e allo stesso tempo avveniristica. Astronavi geometriche, palazzi imponenti su fondali dai colori netti, in prevalenza nero e bianco con l'inserimento di elementi di gusto giapponese. Con la lentezza di una partita a scacchi ben giocata Hans Zimmer (coronando un sogno personale) ha scritto la colonna sonora per ogni sequenza, trovando delle sonorità primitive e cupe da brivido, riconducibili a quelle dei Pink Floyd dei primi anni. Per i costumi si sono fatte due scelte: azzeccata quella che riguarda gli abiti da cerimonia, ricchi di particolari nella loro semplicità, meno per quello che riguarda le armature, troppo “militarizzate”  con la discutibile scelta, o l'errore (già frutto di accese polemiche tra i fan di lunga data) di lasciare i Fremen in tuta a volto scoperto.
Deliberatamente Villenuve scegli di non spiegare tutti i riferimenti al romanzo, indugiandoci, lasciandone una eco. Nel suo lavoro di sottrazione per rendere il film più fruibile, della complessità dei personaggi del libro è rimasta solo un impronta. Sono stati spogliati della loro sontuosità  una scelta discutibile, un esempio su tutti il Duca Leto da impassibile e distaccato, mostra solo il suo lato di padre premuroso, ne beneficiano i personaggi d’azione come il guerriero Duncan Idaho (Jason Momoa) o Kynes (Sharon Duncan-Brewster) donna nella visione del regista) ne perdono di fascino i più complessi.Il film è una parte uno, nello specifico è l'adattamento di metà del primo libro. Un lunghissimo antefatto che sorprende lo spettatore o lo lascia assetato.
 
Francesca Tulli

 

Dune - Parte II

Mercoledì 28 Febbraio 2024 11:35
“Lisan al Gaib!” così il popolo nomade dei Fremen, abitatori del deserto, chiama il Messia, giunto per guidarli verso “un pianeta verde” divisi tra chi seguendo una (costruita) profezia vede già questa figura religiosa nel protagonista di questo viaggio, Paul Atreides (Timothée Chalamet) e chi no. Il ragazzo è scappato durante la notte ad un attentato contro suo padre è figlio di un duca e di una sacerdotessa del culto di “streghe” Bene Gesserit, Lady Jessica (Rebecca Ferguson). Dalle pagine del libro di Frank Herbert fino ad arrivare alla trasposizione cinematografica di Denis Villeneuve, Dune rappresenta un testo “sacro” della fantascienza. Di sfondo una guerra di potere tra casate che si contendono il controllo della Spezia, una sostanza stupefacente in grado di prevedere il futuro e permettere un espansione del proprio dominio grazie ai viaggi interstellari. Qui il regista canadese riscrive (in parte) mantenendo le linee guida dell’originale e una forte corrispondenza con il libro, la sua versione del primo tomo e ne fa una trilogia divisa in tre film, il primo nel 2021 (uscito con il titolo omonimo “Dune”)  fungeva da prologo ed ora possiamo vederne lo sviluppo di quella storia in Dune: Parte 2. “La prima parte è un film contemplativo, mentre la seconda parte è un film di guerra epico e infarcito d’azione” così Villenuve ha descritto i suoi film e senza dubbio non ci sarebbe descrizione più appropriata. Nel contendersi il controllo sul pianeta Arrakis dove si svolge questa epica Space Opera, ci sono altre forze in gioco: i crudeli e spietati Harkonnen guidati dal barone Valdimir Harkonnen (Stellan Skasrsgard) e dai suoi nipoti rivali Rabban (Dave Bautista) e il na-barone Feyd-Rautha (Austin Butler). Violenti, succubi della loro stessa sete di potere con la percezione di essere superiori vantano astronavi e armi avanzatissime. Un’altra forza in gioco è l’impero retto dall’anziano Shaddam IV (Cristopher Walken) e sua figlia la principessa Irulan (Florence Pugh) complici anche loro nello scrivere il fato di Paul. A tirare le fila dietro il volere dell’imperatore, la “magia” delle “streghe” del culto  Bene Gesserit senza la quale niente avrebbe lo stesso esito. La vita di Paul però che sembra sembra sempre essere nelle mani di altri viene cambiata da un altra figura, una giovane ragazza guerriera, del popolo del deserto Chany Kynes (Zendaya) per cui inevitabilmente perde la testa. Il regista si è vaso di due stelle nascenti di Hollywood per assicurarsi il favore delle nuove generazioni adattando un romando del 1965, che ha un messaggio terribilmente attuale. Timotée Chalamet e Zendaya hanno diviso il pubblico di affezionati dal principio perché molto diversi dalle loro controparti cartacee e rappresentano l’unico punto potenzialmente debole del progetto. Il film con la sua durata di 165 minuti vanta effetti visivi di livello ed un incredibile comparto sonoro: il verme delle sabbie, una creatura centrale all’interno della narrativa viene pre-annunciato da un profondo rumore prodotto dallo strumento chiamato martellatore, reso in modo eccellente. Dune non sarebbe lo stesso senza la colonna sonora solenne di Hans Zimmer,  che aveva scritto anche le musiche del primo film perché affezionato dall’adolescenza al materiale di partenza. L’intera operazione dietro lo sviluppo di Dune sta lentamente lasciando un segno, come una clessidra che un granello alla volta accompagna l’inesorabile avanzare del tempo, qui voltata, ci riporta indietro alla vera fantascienza e verso il termine della storia che lo consacrerà metaforicamente, come un moderno vangelo, alle nuove generazioni.
 
Francesca Tulli