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Visualizza articoli per tag: Manuela Kay

 

Qual è la differenza tra Pornografia e Arte? L'Arte è più cara!

 

Questo è l'incipit che si legge sul sito del Porn Film Festival che si terrà dal 24 al 28 ottobre a Berlino e che quest'anno è alla sua settima edizione.

Il festival, nato dal desiderio di dare spazio a una pornografia che vada al di là dei luoghi comuni, si aprirà con il film Sexual Chronicles of a French Family” di Jean-Marc Barr e Pascal Arnold e sarà chiuso da “Cherry” di Stephen Elliott. Oltre alle proiezioni dei numerosi film in concorso il festival sarà arricchito da quattro workshop: Don't rebuff your way to happiness: A Workshop on "Saying No" un workshop pratico per imparare le strategie per comunicare efficacemente ciò che si vuole, per esprimere disaccordo in una maniera positiva e costruttiva, per imparare a dire “no” con o senza giustificazioni; An FtM experience (Female to Male n.d.a.): avete mai voluto essere “dall'altra parte” rispetto al ruolo assegnato dei generi anche solo per un giorno? Siete mai stati un drag king o una drag queen? Come pensate che uno scambio di generi potrebbe influenzare la vostra esperienza quotidiana?; Bondage Workshop – Japanische Bondage/Shibari sarà invece un workshop introduttivo sul bondage giapponese, i nodi fondamentali, il bondage della parte superiore e inferiore del corpo, come predisporre una corda in sospensione, la sicurezza; infine, data la proliferazione di self made porno che attesta l'interesse per l'auto-osservazione e l'auto-documentazione del proprio corpo alle prese con attività sessuali e con gli stati di eccitazione, col workshop Intimacy on the Screen sarà offerto ai partecipanti un film-set con una troupe per girare piccole scene che li vedranno coinvolti come protagonisti.

 

Questi sono solo alcuni degli ingredienti di questa edizione. Noi di Fuoritraccia abbiamo fatto una breve intervista a Manuela Kay, una delle curatrici del festival, per fare un piccolo approfondimento sui contenuti.

 

Come nasce l'idea di un festival porno?

Non è partita da me, è stato Jürgen Brüning, direttore e fondatore del festival. Ma il desiderio era quello di mostrare nuove e diverse immagini della sessualità, per dare spazio a una pornografia che andasse oltre i soliti significati e clichés. E dare spazio ad artisti, direttori, attori e pubblico al fine di discutere sul porno e la generale rappresentazione della sessualità.

 

Quali sono le novità di questa edizione rispetto alle altre?

Più pubblico... si spera. Film migliori e maggior visibilità. Ma il concetto non è cambiato rispetto agli ultimi anni. Due cose sono nuove: per la prima volta abbiamo un programma di corti gay e lesbici misto. E per la prima volta abbiamo un programma di corti sulla masturbazione.

 

Quali sono i criteri che utilizzate per la scelta di un film da inserire nella programmazione?

Deve piacere a tutti e quattro i curatori. Avere qualcosa di nuovo, innovativo, non misogino, divertente, essere in linea con il festival nel suo tentativo di mostrare modi innovativi di descrivere la sessualità.  Naturalmente questo diventa più difficile ogni anno. Il mero soggetto porno non è sufficiente per noi. Noi scartiamo circa i 2/3 dei film che ci sottopongono.

 

Che problematiche si sono presentate negli anni nell'affrontare questi argomenti?

Molti filmmakers hanno paura di mostrare il loro lavoro in un contesto “porno”. Se il festival avesse un nome come “erotico” o “undergruond” o qualcos'altro sarebbe molto più semplice. Ma noi a essere onesti vogliamo un po' provocare. Naturalmente non prendi finanziamenti pubblici per qualcosa come un “porno” festival. E il pubblico all'inizio è in qualche modo esitante. Ma ogni anno va meglio.

 

Qual è il riscontro con il pubblico internazionale?

Amano il festival perché è unico. E' piuttosto insolito avere questo mix di gay ed etero, uomini e donne, tutti impegnati a discuture e a guardare gli altri che scopano. E' piuttosto speciale e molto liberatorio per le persone di paesi come gli Stati Uniti o l'Australia dove ci sono molta censura e moralismo.

 

Qual è il percorso che ti ha portato fin qui?

Se intendi il mio: sono stata coinvolta in molte discussioni sulla non visibilità della sessualità lesbica. Essere lesbica per me ha significato non aver mai visto immagini della mia sessualità. Così ho cominciato a produrli io stessa, renderli pubblici e discuterne pubblicamente. E qui ho cominciato a essere una “esperta porno” perché ho dovuto guardare molto porno per capire che immagini le persone hanno nella mente, cosa c'è fuori di lì e cosa no. Quali clichés esistono al di fuori e come cambiarli.

 

Grazia Torsiello