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Visualizza articoli per tag: giuseppe schillaci

Bosco Grande

Martedì 17 Settembre 2024 18:29

L'obesità è una malattia che genera altre patologie. A cinquant'anni Salvatore Spatola detto "Sergione" è arrivato ad un punto di svolta o, per meglio dire, di non ritorno. Ha capito che per salvarsi deve prendere in mano la sua vita, fin troppo bistrattata, e direzionarla il più lontano possibile dal luogo nel quale l'ha condotta ma anche dal quale non l'ha mai definitivamente staccata. Scelte ma soprattutto non scelte lo hanno portato a raschiare il fondo del barile. L'ultima speranza da cogliere è una clinica specializzata in disturbi alimentari che possa aiutarlo nel processo di disintossicazione da quei comportamenti lesivi che lo hanno condotto sul ciglio di un baratro altissimo e nero. Il cibo è una dipendenza al pari di ogni altra sostanza, un bene rifugio che può diventare il male assoluto. La condotta alimentare guidata dalla voracità e dall'insaziabilità sta traghettando "Sergione" verso la morte certa.

Il film documentario prende per mano questo giovane uomo e lo segue nel suo desiderio di raggiungere una nuova vita, passo dopo passo, rinuncia dopo rinuncia. 

Un racconto corale popolato da tanti personaggi che fanno da corollario alla vita infelice di questo uomo sofferente provato dagli eccessi, che lotta contro se stesso per non soccombere. In una Palermo fatta di bellezze antiche e abusi recenti circondata da un mare limpido che è meta delle speranze umane anche per chi ha il destino più crudele e caino che si possa immaginare.

Sergio è il catalizzatore del quartiere nel quale è sempre vissuto, quel Bosco Grande che è tutto il suo piccolo asfittico mondo, un'anima buona a cui tutti vogliono bene e che cercano di aiutare in qualche modo, a loro modo, nella dura quotidianità fatta di quasi nulla.

Una corte dei miracoli che venera il suo "Dio" e tutto gli perdona e tutto gli concede anche se sa perfettamente di sbagliare registro.

"Sergione" sconta un rapporto complicato con il padre ormai defunto e la madre presenza ingombrante, legato ad entrambi da un legame viscerale e in lotta perenne per emanciparsi e riuscire a camminare finalmente senza più appoggi. Stampelle fisiche che gli servono per poter fare anche quei pochi passi quotidiani per uscire dal letto che è diventato il suo personale calvario ma soprattutto appigli psicologici che lo mantengono eterno bambino.

Una testimonianza vera e sincera di una solitudine che si fa spazio fino a fagocitare materialmente e metaforicamente tutto quello che ha intorno a sé. 

Il documentario è anche uno spaccato di una città che vive di forti contraddizioni, che è rimasta arcaica nei comportamenti, che vive prevalentemente in strada e nella strada trova i suoi codici di sopravvivenza fra tradizione e modernità.

Molto efficace la fotografia che, affilata come lama d'acciaio, restituisce il volto crudo di una tristezza ai margini, in uno spazio di naturale bellezza decadente.

 

Virna Castiglioni