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i primi della lista

Venerdì 02 Dicembre 2011 18:11 Pubblicato in Recensioni

 

Strani anni i settanta! In Italia si lasciavano dietro i rottami del boom economico ed incanalavano al loro inizio i primi germi della strategia della tensione, con le bombe a piazza Fontana ed in piazza dell'Agricoltura e la morte misteriosamente accidentale del Pinelli, che cadde dalla finestra d'un commissariato durante un interrogatorio. Mentre echi di colpi stato all'estero (i colonnelli in Grecia) ed in patria (il Piano Solo del Generale De Lorenzo) si erano diffusi negli anni precedenti, c'era chi cantava in un'omonima ballata le tragiche gesta del povero anarchico. Era il 1970 ed il cantante era Pino Masi (Claudio Santamaria), colui che il pezzo l'aveva in realtà solo raccolto e non composto, ma contribuito alla sua divulgazione. Mentre sta facendo un provino al giovane compagno Renzo Lulli (Francesco Turbanti), accompagnato dall'altrettanto compagno ed amico comune Fabio Gismondi (Paolo Cioni), arrivano da Roma delle pessime notizie: il capo della Decima M.A.S. è giunto nella capitale per discutere con i poteri forti. Il temuto colpo di stato sembra perciò imminente e, visto che loro tre saranno probabilmente tra "i primi della lista" a venire epurati, l'unica soluzione di salvezza sembra essere la fuga. Prima meta considerata è l'allora ancora intera Jugoslavia, che però rifiutano proprio in prossimità della frontiera per certe voci di eccessivo comunismo, ripiegando sulla più democratica Austria, nonostante, come noti qualcuno, ci sia nato proprio Adolf Hitler. Ma la paranoia ha già consumato i giovani a tal punto che al posto di blocco tenteranno di forzarlo, innescando un incidente diplomatico la cui eco giungerà fino a Roma, aprendo così gli occhi ai fuggitivi...
Incredibilmente ispirato ad una storia vera, accaduta realmente ai tre sventurati quarant'anni prima, il film restituisce quell'aria di (strategia della) tensione che andava montando in quello che fu uno dei periodi più bui dell'ancora giovane Repubblica italiana. Da un soggetto dello stesso Lulli, l'italianissimo regista Roan Johnson, nato da padre inglese e da madre italiana proprio in quegli anni che ben racconta, porta sullo schermo con spirito caustico questa storia che fin da quel lontano 2 giugno del 1970 – in cui i militari incontrati dai fuggiaschi si recavano a Roma non per invaderla, ma per sfilare nella consueta parata della Festa della Repubblica - circola in quel di Pisa come fosse una leggenda. Lo spirito dissacratorio dei toscani è noto da secoli, ma i tre protagonisti della vicenda sono andati ben oltre, diventando una vera e propria barzelletta. Un comico episodio che però, fece molto meno ridere quando si scoprì che, sei mesi dopo l'accaduto, il principe Junio Valerio Borghese, legato ad ambienti militari e malavitosi di estrema destra, decise di scendere veramente nella capitale per tentare un golpe, dal quale, per salvaguardare equilibri politici, desistette sul più bello. Ma questa è un'altra storia, che un illustre predecessore di Johnson, Mario Monicelli, raccontò piuttosto dettagliatamente nell'ormai mitico Vogliamo i colonnelli appena pochi anni dopo lo svolgersi dei fatti.
Nella pellicola spiccano ottimi attori, con in testa Santamaria, seguito dai meno conosciuti Turbanti e Cioni, strepitosi ma più attivi in teatro, che, nel finale cantano l'anacronistico brano di De Andrè “Quello che non ho”, uscito nel 1981, un ponte con il presente in cui si confrontano con i veri superstiti di quella curiosa vicenda. Simpaticissimo il cammeo di Pierpaolo Capovilla, leader di una delle più famose band indie nostrane, il Teatro degli Orrori, che veste i panni di un barista votato al Duce.
E quarant'anni dopo che il mondo è rimasto ugualmente immutato, l'unica cosa che resta è la ripercussione che quell'epica storia ha avuto sulle vite dei tre, ognuno in fuga dal proprio beffardo destino.
 
Paolo Dallimonti e Chiara Nucera

la kryptonite nella borsa

Venerdì 02 Dicembre 2011 17:59 Pubblicato in Recensioni

 

Nella Napoli del 1973, il piccolo Peppino Sansone (Luigi Catani), nove anni stretti stretti, capelli ricci ricci ed occhiali spessi spessi, vive un'infanzia molto particolare, incerto tra il padre Antonio (Luca Zingaretti), perso dietro un'altra donna, e la madre Rosaria (Valeria Golino), che per rifarsi delle mancanze del marito va a farsi curare dallo psichiatra Matarrese (Fabrizio Gifuni), tra le cui braccia si lascerà cadere. A confondere ulteriormente le idee al ragazzino ci pensano gli zii materni Salvatore (Libero De Rienzo) e Titina (Cristiana Capotondi), due fricchettoni che lo trascinano in scatenati balli di piazza, psichedeliche feste in scantinati e collettivi per l'autocoscienza femminile. Come se non bastasse, un cugino più grande, Gennaro (Vincenzo Nemolato), si crede Superman e, quando finirà investito da un autobus, continuerà a vivere, da supereroe quale diceva di essere, nella fervida fantasia di Peppino, aiutandolo a sopportare la propria scombinata famiglia ed a superare quasi indenne quel periodo non facile della vita chiamato infanzia... 
Lo sceneggiatore degli ultimi film di Ozpetek e della serie televisiva di successo Tutti pazzi per amore debutta sul grande schermo, scegliendo una storia semplice e dal vago sapore autobiografico che già aveva narrato nel romanzo omonimo. Un racconto il cui senso vuole essere quello di guardare al mondo con il sorriso, qualunque evento accada, cercando per tutto una spiegazione non necessariamente lineare, come quella kryptonite nella borsa millantata dal povero Gennaro, un modo stravagante ed originale per spiegare un malessere, qualcosa che non va.
Il tocco di Cotroneo è leggero e molto ruffiano, a partire da quel voice over iniziale che serve solo a presentare i personaggi e a ricordare la matrice letteraria dell'opera. Ma il risultato è comunque molto gradevole, soprattutto grazie all'accurato lavoro dello scenografo Lino Fiorito e del costumista Rossano Marchi, che si sono scatenati in una reale caccia all'oggetto vintage.
Non indifferente è anche il corposo cast, fatto di volti noti e notissimi, di cui citeremo solo il giovanissimo Luigi Catani, scelto tra oltre cinquecento bambini. Last but not least, i brani d'epoca aggiungono quella strizzata d'occhio, facile ma inevitabile: da “Lust for life” di Iggy Pop alla rarissima “Quand'ero piccola” di Mina fino ancora a “Life on Mars” di David Bowie, che nell'ultima scena fa da colonna sonora al volo di Peppino e SuperGennaro sopra il cielo di un'indimenticabile ed inedita Napoli notturna.
 
Paolo Dallimonti

il paese delle spose infelici

Venerdì 02 Dicembre 2011 17:26 Pubblicato in Recensioni

 

 

Provincia di Taranto, in un'estate rovente fra splendidi tramonti soffocati dal mostro metallurgico dell'ILVA, sul fiorire degli anni novanta, quando la fine della Prima Repubblica si alterna a "Non è la Rai", forze politiche di dubbio rinnovamento, come Vito Cicerone (Antonio Gerardi), si insinuano sulle traballanti macerie dei vecchi politicanti ormai allo stremo. Veleno (Nicolas Orzella) e Zazà (Luca Schipani) sono due adolescenti uniti dall'amicizia e dal calcio: ma mentre per il primo, ragazzo di buona famiglia, è una passione accessoria, il secondo, fragile nel suo essere spavaldo, è un vero mago del pallone. Il loro rapporto è messo in discussione dalla conoscenza di Annalisa (Aylin Prandi), una ragazza controversa e disperata che tenta il suicidio lanciandosi nel vuoto dal campanile della chiesa. Annalisa è la giovane sposa, i suoi abiti eterei lo ricordano sempre, il suo triste destino si è rivelato nel momento in cui, prossima al matrimonio, il suo compagno ha perso la vita. Consegnatasi ad un piano di pura idealizzazione, staccata emotivamente dalla realtà che la circonda, segna profondamente l'immaginario dei due ragazzi che la identificano come una sorta di figura “mistica”, tappa fondamentale della loro adolescenza. Questo singolare rapporto a tre, teneramente vissuto in uno scenario di emarginazione, oscillante tra amicizia e amore, è al centro del lavoro del trentenne Mezzapesa, che debutta così col suo primo lungometraggio.
Con un curriculum di lavori pluripremiati, sceglie come ambientazione la Puglia, terra dalla quale proviene, in una chiave poetica vicina a quella del collega Edoardo Winspeare, permeata di forte realismo magico.
Prodotta da Fandango, la pellicola è comunque slegata dagli stilemi imposti dalla factory che ha appesantito registi più blasonati come Ozpetek e Ligabue, per nulla esenti dall'onnipresente ingombro di un ghost-director come Procacci. Mezzapesa però non sembra giovarsi di tale indipendenza, pagando invece lo scotto di una sceneggiatura non troppo approfondita e di una mano autoriale ancora acerba per il lungometraggio a soggetto, ma più adatta alla dimensione dell'opera breve e/o documentaria.
Al film nuocciono inoltre un'attenzione troppo minimalista a certi dettagli e la mancanza di ritmo in alcuni passaggi, come se in finale uno straccio di storia, alcuni attori naturali molto dotati e i paesaggi belli e stravolti dall'uomo in quel tacco d'Italia, bastassero a reggere un'opera prima, che rimane irrisolta come i suoi bei personaggi e che non riesce a raccontarsi fino in fondo.
 
Chiara Nucera
 

Frammenti

Venerdì 02 Dicembre 2011 11:50 Pubblicato in Concorsi

 scadenza del bando: 14/01/2012

L'Associazione Socio Culturale “Frammenti”, organizza la V° edizione del Concorso “FRAMMENTI” riservata ai cortometraggi  di finzione, di animazione e  di documentazione .Il concorso è a tema libero. Ogni lavoro deve avere durata massima di 15 minuti, inclusi titoli di testa e di coda. Il concorso prevede una sezione riservata alle animazioni tradizionali e digitali

 

QUOTA DI PARTECIPAZIONEgratis

 

link da cui scaricare la documentazione per l'iscrizione:
http://www.assframmenti.com