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The Ring 3

Giovedì 16 Marzo 2017 18:54
Esistono film che hanno la straordinaria capacità di togliere il sonno senza mai mostrare una goccia di sangue, senza eccedere in sequenze splatter. Storie lugubri e ipnotiche, in grado di sedurre anche lo spettatore più scettico per la loro naturale predisposizione al brivido. 
Nel lontano 1991 lo scrittore giapponese Koji Suzuki scrive quello che diventerà uno dei suoi più noti romanzi, Ringu. La storia narrata nel libro ruota attorno all’indagine di Asakawa Kuzuyuki, un giornalista in cerca di risposte sulla misteriosa morte della nipote avvenuta a causa di un attacco cardiaco. Egli scoprirà ben presto che come lei altri ragazzi hanno perso la vita nella stessa modalità ed alla stessa ora. In relazione a questi raccapriccianti decessi c’è una videocassetta, veicolo di una lugubre maledizione capace di provocare cessazione di vita a chiunque la guardi.  Una storia che raccoglierà in poco tempo consensi in tutto il mondo, fino a divenire un manga, e dare vita a una saga di film horror sempre made in Japan. Proprio  nel 1998 esce il primo “Ringu” diretto da Hideo Nakata, destinato a divenire un cult del cinema di genere, spianando la strada a svariati sequel. Nel giro di pochi anni le macabre vicende di Samara seducono anche il territorio d’oltreoceano, e nel 2002 arriva la prima versione made in Usa diretta dal magnetico Gore Verbinski. Il titolo è The ring, e stavolta a indagare sul caso è una donna, Rachel Keller, interpretata da un’intensa Noami Watts. La pellicola convince per la rigorosa cura nel dettaglio, per le ambientazioni, e per la coerenza. Un ottimo remake degno di nota, che lascia il segno, e stuzzica la curiosità anche del pubblico che non conosce la saga giapponese. Il caso di Samara si impianta nell’immaginario degli amanti del cinema horror, terrorizzando un’intera generazione, divenendo fonte d’ ispirazione per molti altri film. 
Così la Paramount Pictures decide di riprovarci, e nel 2017 vede per la prima volta la luce Rings (The ring 3 in Italia), diretto dal giovane regista spagnolo F. Javier Gutiérrez. 
Il lavoro di Gutiérrezz in apparenza si presenta come sequel di The ring 2 (2005), ma nel concreto ha tutte la carte in regola per risultare un remake insapore del primo film del 2002. 
La pellicola, che si allaccia a un leitmotiv di pseudo tensione, è infatti abile solo nel disgustare e stancare per le innumerevoli ingenuità. Lo script è debole ai limiti dell'accettabile, e pone l’accento su un legame piuttosto instabile con il film di Verbinski. Rings ha pertanto le fattezze di una dissertazione approssimativa e sciatta della storia magistralmente narrata nel 2002. L'indagine condotta dai due protagonisti Julia e Holt (Matilda Lutz e Alex Roe), è priva di meticolosità e totalmente incapace a creare situazioni di tensione. Monocorde l'atmosfera che permea la vicenda, come privo di sfaccettature è il personaggio di Samara, maltrattato in termini di particolari ed elementi inquietanti. Eclissata una delle figure più conturbanti del recente cinema horror, Gutiérrez orienta maggiore interesse sulle dinamiche subito precedenti la nascita della strana bambina. Si indaga attorno alle origini e all’identità della madre di Samara, Evelyn, vissuta in una sperduta frazione della California, e protagonista di un'oscura e minacciosa storia.
Forse solo la verità sul passato di Evelyn potrà spezzare la fatale maledizione della cassetta, e placare una volta per tutte l’inarrestabile Samara. 
Ma le ricerche sulla figura di Evelyn e la conseguente ricostruzione del suo passato non vengono restituiti in modo meticoloso e trascinante da poter coinvolgere e inquietare.
Rings tesse una trama di eventi tra loro scollegati e avvolti da uno spesso velo di inverosimiglianza, al punto da intrappolare anche lo spettatore più sprovveduto in un labirinto di noiosa stasi. Un lavoro che purtroppo non riesce a superare la prova, e che non convince neanche un pò.  La paura si genera iniettando piccole dosi di angoscia, giocando per mezzo del turbamento con l'immaginario dello spettatore allo scopo di sorprenderlo  mediante inaspettati shock. Ogni pellicola horror necessita di innumerevoli accorgimenti per non cadere nel banale. Spaventare in mezzi termini, equivarrebbe ad accendere la luce in una notte di tempesta.
 
Giada Farrace