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Visualizza articoli per tag: restauro digitale
A Pordenone ogni autunno c'è un appuntamento fisso per gli studiosi, gli archivisti e i cinefili: Le Giornate del Cinema Muto festival, che vede la luce grazie alla collaborazione tra la Cineteca di Gemona (Cineteca del Friuli) e l'associazione "Cinemazero" di Pordenone, fin dal 1982. Restauri, retrospettive, approfondimenti, ma anche prime visioni di film muti contemporanei, delineano un programma significativo che ogni anno attira in Friuli un pubblico internazionale.
 
Prima dell'innovazione del sonoro, l'infanzia del cinema aveva diverse connotazioni linguistiche e formali. I suoi primi passi, però, non sono stati affatto silenziosi: infatti il cinema delle origini prevedeva spesso esecuzioni musicali dal vivo. A Pordenone i film sono sempre musicati in sala da interpreti internazionali: addirittura nell'ambito degli eventi del festival sono previste Masterclass per musicisti aspiranti accompagnatori di cinema muto. 
Nonostante la distanza storica, è sempre più evidente il rinnovato dialogo con un passato linguisticamente diverso. Certi festival, poi, sono tanto affollati da esaurire i posti disponibili, come è accaduto al teatro Giuseppe Verdi di Pordenone, sede delle proiezioni de Le Giornate del Cinema Muto, per l'evento di punta, la prima mondiale di Too Much Johnson (1938) di Orson Welles. Il film, considerato perduto, è stato ritrovato da Cinemazero di Pordenone e restaurato dalla cineteca George Eastman House di Rochester (USA) e dai laboratori Cinema Arts in Pennsylvania e Haghefilm Digitaal in Olanda, con il contributo della National Film Preservation Foundation degli Stati Uniti. Inspiegabilmente, la pellicola giaceva in una cassa nel magazzino di una ditta di spedizioni di Pordenone. L'associazione culturale Cinemazero fece ritirare il materiale, affidandolo per il riconoscimento al laboratorio La camera ottica del DAMS di Gorizia e alla Cineteca del Friuli. Ciro Giorgini, collaboratore di Fuori Orario nonché autorevole conoscitore dell'opera di Welles, rivela l'identità della pellicola. Il film era stato realizzato da Welles come un’introduzione per la commedia teatrale di William Gillette, Too Much Johnson. Il plot della commedia, tra vari equivoci e tradimenti, era un perfetto sfondo narrativo al ritmo della slapstick comedy. Orson Welles dedicava il suo debutto alla regia ad un tributo alle comiche del muto (nel 1938 largamente superato), ispirandosi a Mack Sennett e Harold Lloyd. Tra gli interpreti un brillante Joseph Cotten, amico del regista, che interpreterà Lealand in Citizen Kane (1941), e Virginia Nicolson, all'epoca moglie di Welles. Fra inseguimenti e fughe in equilibrio sui cornicioni e fra i tetti di New York, il regista imprime già le sue firme autoriali: più di una volta l'uso della profondità di campo dona un senso differente all'editing del film e la sequenza dell'inseguimento nel mercato, in un labirinto di scatole e di cappelli, sembra un preludio alla suggestione degli specchi nel lunapark di The Lady from Shanghai (1948). Nel 2013 centinaia di persone hanno affollato un intero teatro per questo film, commentato in sala dal curatore Paolo Cherchi Usai, coordinatore del restauro.
 
Tra gli altri eventi della trentaduesima edizione del festival si segnalano anche le proiezioni di Beggars of Life di William Wellman e Mat’ (=La Madre) di Pudovkin, nonché le performance del "Benshi" Ichiro Kataoka, che in abiti tradizionali nipponici interpretava le proiezioni di interessanti film muti giapponesi.
L' interesse degli spettatori verso questo glorioso passato del cinema è un dato di fatto: lo testimoniano le vendite di DVD e il successo di botteghino di film muti contemporanei, come The Artist o Blancanieves. E grazie ad iniziative come Le Giornate del Cinema Muto un pubblico sempre più ampio e variegato può accedere alle forme e ai contenuti di una storia affascinante, dedicando nuove energie alla conservazione, alla diffusione e allo studio dei primi trent’anni di cinema.
 
Rossella Catanese
 
Un discorso analitico sui modi e i caratteri del restauro digitale (...) con una competenza che va dall’esperienza concreta in laboratorio alle questioni teoriche relative al restauro. (...)
E nell’attraversamento di modalità operative sostenute dalle grandi potenzialità delle nuove tecnologie, il libro di Rossella Catanese apre al sogno di ogni appassionato di cinema:  ricuperare nella sua integrità tutto il patrimonio cinematografico.
 
Così Paolo Bertetto, professore ordinario di cinema nel Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo de La Sapienza, introduce il lavoro di Rossella Catanese, uscito nel novembre 2013 per la collana Cinemaespanso di Bulzoni Editore.
 
Lacune binarie nasce come ricerca sul panorama del restauro cinematografico, tra essenza analogica e innovazione digitale. Esplora uno degli aspetti più importanti del dibattito attuale nell’ambito dei Film Studies: il problema della conservazione del materiale cinematografico, nella sua duplice istanza estetica e storia, patrimonio dell’umanità e parte della memoria collettiva. Un lavoro introdotto dall’esplorazione delle due principali linee interpretative nel discorso sul digitale, tra innovazione radicale ed evoluzione.
Lo studio dell’analisi del film diventa così la base concettuale di una ricerca svolta direttamente sul campo, nel dialogo con le tecnologie del settore. 
 
 
Rossella Catanese (Reggio Calabria, 1981) è dottore di ricerca in Tecnologie digitali e metodologie per la ricerca sullo spettacolo, nonché tutor del master in Restauro Digitale Audio-Video presso la Sapienza - Università di Roma. Attualmente insegna Italian Cinema and Society all’Università Lorenzo de' Medici Institute di Firenze. Ha pubblicato vari saggi e partecipato a numerose conferenze internazionali tra Madrid, Glasgow, Roma, Copenaghen, Firenze, Napoli e Gorizia.