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Sin City 3D - Una donna per cui uccidere

Venerdì 03 Ottobre 2014 15:33
Al KadiÈs Bar di Sin City si incrociano le vite di sei personaggi mossi dalla stessa intensa sete di vendetta, delle maschere che già conoscevamo, in un seguito tanto atteso che dopo 9 anni riporta sul grande schermo la graphic novel di Frank Miller, co-regista assieme a Robert Rodriguez. Con estrema fedeltà al testo originario, con additivi concepiti per l'occasione da Miller in continuità di spirito e plot, resta la stessa estetica, come il cast seppur con qualche variazione(Josh Brolin per Clive Owen, Jamie Chung per Devon Aoki). L'unica grande novità sembra essere l'utilizzo del 3D che, come sostiene Rodriguez, diviene necessario per la sua specificità perchè può meglio rendere la particolarità dello stile da cui attinge, trasportandoci efficacemente all'interno del surreale scenario rappresentato. Sin City 3D segue in maniera pedissequa anche le stesse modalità narrative dei testi di Miller nella tendenza a compiere salti temporali, in un concatenarsi di eventi e flashback che si amalgamano gli uni con gli altri, passando con disinvoltura da una dimensione all'altra fino a sconfinare nel sogno o nelle derive allucinatorie. Alcune delle storie di questo secondo episodio sono ad esempio precedenti rispetto a quelle raccontate nel primo film. Personaggi come Marv (Mickey Rourke), Goldie (Jamie King) e Hartigan (Bruce Willis), che sembravano necessariamente aver concluso il loro iter, ritornano, in questo nuovo capitolo e senza che ciò spiazzi lo spettatore, "sopravvissuti" ad truce epilogo, attraverso una serie di escamotage temporali atti a garantire ancora una volta la presenza di interpreti forti a cui eravamo stati abituati.
Le varie storie che si snodano lungo il corso della pellicola sono l'elemento peculiare e determinante, oltre alla caratterizzazione dei protagonisti, e confluiscono forse nel segmento più rappresentativo di tutti, una punta di diamante per i due autori, quello dedicato alla temibile femme fatale Ava Lord (Eva Green), mantide religiosa fuoriuscita dai più crudi noir hollywoodiani. L'accento sul cinismo è caricato al massimo, attraverso dialoghi ammantati di classicismo, le battute alla Bogart o alla Cagney si sprecano, abbondano fino ad autoimplodere risultando a tratti forzose ed eccessive. Eva Green più nuda che mai, ricalcando indole e movenze della Phyllis Dietrichson de "La fiamma del peccato" di Wilder, si assicura la sua parte di storia sul grande schermo, masticando e sputando via il proprio partner con una perfetta insensibile noncuranza. Il ricordo di Hartigan a tratti commuove attraverso la disperata follia di Nancy (Jessica Alba) e forse rievoca un po' troppo quel "Sesto Senso" che traumatizzò molti spettatori 15 anni prima. La sua voce off ci avvisa che "l'inferno è vedere soffrire chi ami" perchè qui, a Basin City, l'amore e la morte sono legati a doppio filo e il dolore è il ritmo cadenzato di amare esistenze. Lo spettacolo regge, assicura al pubblico una bella dose di divertimento ma non arriva mai a toccare gli alti livelli del primo film, un vero e proprio caso per dei palati che mai prima di allora avevano assaporato uno spettacolo talmente dirompente e originale. 
 
Chiara Nucera