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Visualizza articoli per tag: periferia romana

Senza Pace

Martedì 03 Settembre 2013 23:48
Lorenzo (Max Pica), aspirante pittore e pony express part-time, conosce Lena (Roberta Bizzini), ragazza belga in fuga da una storia d'amore finita male. Tra Lorenzo e Lena nasce una travagliata, seppur breve, relazione, alla quale fanno da sfondo situazioni grottesche e personaggi contraddittori. Nella totalizzante location del Pigneto, periferia romana multietnica, eppure ancora così chiusa e piena di rabbia, i due protagonisti si rincorrono per poi perdersi ogni volta,  separati, come in una delle scene finali, da una sottile lastra di vetro che per loro sembra invalicabile. 
 
Terza opera del collettivo Cinematografo Poverania, Senza pace è un film che si impone come uno spaccato della realtà, pur non entrandoci mai veramente dentro. Il distacco dei personaggi da quel mondo è fortemente marcato dall'uso di effetti digitali; gli attori hanno recitato per buona parte delle scene davanti a un green screen allestito all'interno del Forte Fanfulla (noto punto di ritrovo della movida romana) e raramente hanno calpestato i marciapiedi di quel quartiere, che, da protagonista diventa solo uno sfondo distante e sfocato. Gli spezzoni di dialoghi (alcuni vere perle nazional-popolari) raccolti (pare) direttamente da quelle strade e sparsi nella sceneggiatura non bastano a rendere il film un ritratto generazionale, se poi è questo che vuole essere, e le intenzioni degli autori finiscono col diventare contraddittorie come il quartiere descritto (fingere la realtà o raccontare la finzione?).
 
I registi Fabio Morichini, Matteo Sapio, Enrico Tacconelli confezionano un'opera acerba, che naufraga in un costante pressappochismo estetico, a volte consapevole della sua amatorialità, a volte meno. 
 
Un film che combatte i luoghi comuni attraverso altri luoghi comuni. Il pregio sta forse nel fatto che i luoghi comuni di cui gli autori si avvalgono siano del tutto nuovi per il cinema italiano. Senza pace taglia infatti il cordone ombelicale con uno stucchevole cinema nazionale e si allontana anni luce da quell'ormai fiacco meccanismo autorial-produttivo, che altro non fa se non propinarci isterici drammi familiari di borghesucci annoiati. Qui i protagonisti sono persone ruvide,  di quelle con la ruggine addosso, che cercano di trovare gratificazione nella mediocrità in cui sono destinate a vivere. Ottima la colonna sonora, composta dai musicisti che da sempre frequentano il Forte Fanfulla, la quale, con la sua rabbia, riesce a spargere pathos lì dove le immagini non ne sono in grado. Ma tutto questo non basta a spacciare un film piccolo per un piccolo film.
 
Angelo Santini