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Visualizza articoli per tag: parasite
E' stata annunciata la shortlist degli Oscar 2020 nella categoria International Feature Film (ex "miglior film straniero").
Per le nomination ufficiali bisognerà attendere il 13 gennaio. L'Italia purtroppo risulta esclusa dalla rosa dei partecipanti, era stato indicato Il Traditore di Marco Bellocchio come possibile concorrente.
 
 
Di seguito i titoli che si troveranno a concorrere per diventare ufficiali:
 
 
The Painted Bird (Václav Marhoul, Repubblica Ceca 2019)
Truth and Justice (Tanel Toom, Estonia 2019)
Les Misérables (Ladj Ly, Francia 2019)
Those Who Remained (Barnabás Tóth, Ungheria 2019)
Honeyland (Tamara Kotevska, Ljubomir Stefanov, Repubblica di Macedonia del Nord 2019)
Corpus Christi (Jan Komasais, Polonia 2019)
Beanpole (Kantemir Balagov, Federazione Russa 2019)
Atlantique (Mati Diop, Senegal 2019)
Parasite (Bong Joon-ho, Corea del Sud 2019)
Dolor y gloria (Pedro Almodóvar, Spagna 2019)

Golden Globes 2020: tutti i premiati.

Lunedì 06 Gennaio 2020 10:48
Ricky Gervais caustico più che mai è il presentatore dei Golden Globes 2020. Australia, Me too, Greta e la natura, libertà di scelta, politica guerrafondaia di Donald Trump, non ci siamo fatti mancare nulla a questi 77 Golden Globes. 3 Premi a C’era una volta ad Hollywood di Quentin Tarantino, 2 al Joker di Todd Philips e Rocketman, film sulla vita di Elton John. Ma i 2 Golden Globes più prestigiosi vanno al film di Sam Mendes sulla prima guerra mondiale: 1917 si porta a casa il Miglior film drammatico e miglior regia.
 
 
Ma ora parliamo dei premi nello specifico, i veri protagonisti della serata al Beverly Hilton Hotel: Miglior film straniero al grottesco Parasite, un premio annunciato ma super meritato per il film sudcoreano di Bong Joon-ho.
Quentin Tarantino con il suo C’era una volta a Hollywood si porta a casa la miglior sceneggiatura, un po’ a sorpresa ha battuto Parasite e Storia di un matrimonio i favoriti.
 
Missing Link miglior film d’animazione. La Disney esce a bocca asciutta con i suoi super quotati Frozen 2 e Toy Story 4.
 
La cinicissima avvocatessa Laura Dern in Storia di un matrimonio vince il premio Miglior attrice non protagonista.
 
Elton John si porta a casa la miglior canzone originale per il suo Rocketman.
 
Olivia Colman miglior attrice nella serie The Crown eguaglia la regina Elisabetta più giovane Claire Foy di due anni fa.
 
Una meravigliosa Charlize Theron premia con Il Cecil B. DeMille alla carriera l’immenso e commosso Tom Hanks.
 
Sam Mendes miglior regista per 1917, non ancora uscito in Italia, ma segnatevi il 23 gennaio. Giorno di uscita del suo film sulla prima guerra mondiale.
 
Hildur Guðnadóttir miglior colonna sonora per il cupo Joker dì Todd Phillips: super azzeccata.
 
Brad Pitt miglior attore non protagonista per il suo ruolo in sottrazione in C’era una volta a Hollywood.
 
Taron Edgerton, grande sorpresa, miglior attore in film commedia/musicale per il suo EltonJohn in Rocketman. Ha battuto il quotato Leo di Caprio.
 
Awkwafina attrice protagonista per The Farewell-una bugia buona, un piccolo film-una grande Protagonista.
 
C’era una Volta a Hollywood miglior film dell’anno nella categoria commedia/musical. Conferma l’ottima onda mediatica che ha avuto il film negli Stati Uniti. Tarantino e il suo atto d’amore per il cinema conquista la Stampa Estera ad Hollywood.
 
Joaquin Phoenix miglior attore drammatico per il fantastico Joker. Potente ed indimenticabile!
 
Renée Zellweger miglior attrice in un film drammatico per Judy. Annunciassimo questo premio per la messa in scena degli ultimi tormentati giorni di vita della grande Judy Garland.
 
1917 miglior film drammatico dell’anno. Sconfigge Joker e soprattutto The Irishman, totalmente ignorato HFPA: zero Globi d’ori.
 
Ci vediamo nel 2021 per la prossima notte d’Oro dei Globi cinematografici.
 
David Siena

Parasite

Giovedì 20 Febbraio 2020 00:13
Diceva Karl Marx "Tutta la società si va dividendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte tra loro: borghesia e proletariato". L'ampia forbice tra gli elementi qui contrapposti dal filosofo tedesco dimostra come nella Storia ci sia continuamente un divario ideologico che somiglia di volta in volta alla forma che assume l'uomo nella società.
Da questo substrato intellettuale, scevro però dal mero intellettualismo o dalla ideologia autarchica di chi si crogiola nello stereotipo politico,  Bong Joon-Ho costruisce la sua pellicola mattoncino su mattoncino, tenendo sempre ben presente la forza che una immagine può elicitare in chi la fruisce.
Ed è infatti di grande potenza iconografia, oltre che narrativa, l'opera coreana che, per la prima volta nella storia del cinema, si è accaparrata con decisione la statuetta più ambita degli Academy di Hollywood: quella per il miglior film (oltre che altre tre per il miglior lungometraggio internazionale, miglior regia e miglior sceneggiatura originale).
Le immagini di questo film, definito da molti come un capolavoro della cinematografia moderna, evocano, da sole, una potenza narrativa che elude dal rincorrere un manierismo formale asettico. Portano lo spettatore, insieme al regista, a sussultare a ogni cambio di scena e a seguire i personaggi sullo schermo come incantati da una coreografia che assurge a metafora del messaggio filmico. Ogni volta che i personaggi si muovono sullo schermo, ogni volta che salgono, scendono dalle scale, che cadono o che lottano, si ha la sensazione di assistere a una "danza cinematografica" in cui gli elementi scenografici e allegorici creano una vera e propria filosofia.
Ogni elemento è rappresentato con un senso estetico squisitamente cinematografico e ogni personaggio (dallo studente universitario giovane e intellettuale, all’imprenditore cultore dell’arte moderna; dall’adolescente arrivista, al padre di famiglia fallito; dall’ex atleta, al viziato e sedicente bambino prodigio; dalla ingenua aristocratica, all’aspirante studente universitario disoccupato…) esprime un puntuale punto di vista sulla scena della lotta di classe vista dagli occhi di un autore moderno.
Con la scena iniziale della finestra, vista dall'interno, del seminterrato dove vive la famiglia protagonista Ki-taek, il contraltare proletario, povero, disoccupato e maleodorante, della famiglia altoborghese dei Park, che presto entreranno in contatto tra loro in modi del tutto inaspettati, lo spettatore subito si trova a familiarizzare con ciò che sarà poi esplicitato e sviluppato lungo tutte le due ore successive. L’episodio iniziale vede infatti il padre di famiglia Ki-Taek esortare il figlio a lasciare le finestre aperte durante la disinfestazione della strada per approfittarne e fare in modo di godere i vantaggi di un servizio gratuito.
Questa scena sarà il prodromo di un domino che porterà l'intera famiglia ad insinuarsi tra i favori dei ricchi Park, altolocati rappresentanti di quella parte di società capace di fondare imperi, ma che necessita parassitariamente del lavoro altrui per svolgere le più elementari mansioni domestiche, come guidare o cucinare.
La metafora degli scarafaggi che vivono nei seminterrati, esseri da eliminare, allegoria di un parassitismo privo di vigore e di virtù, porta lo spettatore ad esporsi subito con un giudizio morale sulla famiglia proletaria. La loro condizione economica non sembra giustificare l'idea che si possa vivere di espedienti o l'idea che il fallimento possa essere una opzione realistica, seppure involontaria, ma mai resipiscente.
Gli stratificati livelli su cui s'inerpica il film di Bong Joo-Ho pongono però subito una successiva domanda: esistono più tipologie di parassitismo? O meglio ancora: chi possiamo definire il vero parassita nell'epoca moderna, in cui il concetto di classi sociali, seppure più sfumato e diversamente delineato, è sicuramente ancora integro nelle menti di chi la vive? Il regista ripone la risposta a questa domanda nella ossimorica ascesa verso l'introspezione.
E le scale rappresentano una materiale ascesa o discesa verso o dal simbolico scranno sociale del prestigio e dell’autorevolezza. Rendono i protagonisti del film, uomini svincolati dalla propria condizione parassitaria perché ne liberano la coscienza e ne rinchiudono l’emotività in un bozzolo di disillusioni. Perché non sempre e non ad ogni costo la guerra tra classi è una gara di supremazia. A volte quello per cui si lotta è una incosciente redenzione, un raggiungimento della presa d’atto che quello a cui si aspira non sempre è pianificabile (“L’unico piano che non fallisce mai è quello di non avere piani” dice il signor Kim), e che per ottenerlo, ciò di cui non si può fare a meno è essere coerente con la propria natura e con la propria identità. 
Ma forse quello che il regista coreano vuole dirci è che in fondo siamo tutti parassiti di qualcuno o di qualcosa. Siamo tutti esseri in continuo assestamento. Tutti aspettiamo un’ascesa verso qualcosa che forse non arriverà mai ma a cui dovremmo ambire, facendo sì che le scale che aspiriamo a salire siano quelle dell’autocoscienza e del rispetto verso il prossimo.
 
Valeria Volpini