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David 2016: Tutti i Vincitori

Martedì 19 Aprile 2016 10:34
Si è svolta ieri, presso gli studi De Paolis in via Tiburtina a Roma, la cerimonia di premiazione della 60esima edizione dei David di Donatello, il premio indetto dall'Accademia del Cinema Italiano. 
A condurre la serata, andata in onda sui canali Sky e in chiaro su TV8, Alessandro Cattelan con interventi anche di Francesco Castelnuovo e Gianni Canova. A presentare i premi stelle del calibro di Paola Cortellesi, Dante Ferretti, Stefano Accorsi, Christian De Sica, Nicola Piovani, Anna Foglietta, Valeria Golino, Francesco Pannofino, Vittorio Storaro, Michele Placido, Toni Servillo.
A vincere il premio come miglior film Perfetti Sconosciuti, premiato anche per la miglior sceneggiatura. Miglior regista a Matteo Garrone per Il Racconto dei Racconti, che ha ottenuto anche altri sei riconoscimenti tecnici. La vera star della serata è stata però Lo Chiamavano Jeeg Robot, vincitore di sette premi (tra le 16 nomination che aveva ricevuto) tra cui miglior attore, migliore attrice, miglior attore non protagonista, miglior produttore e miglior regista esordiente entrambi a Gabriele Mainetti e di un premio collaterale, il Mercedes-Benz Future Awards. Grande delusione invece per Non Essere Cattivo, l'opera postuma di Claudio Caligari che si aggiudica, inspiegabilmente, solo il premio miglior fonico di presa diretta per il lavoro di Angelo Bonanni. Assegnati fuori dalla serata di gala i premi come miglior film straniero a Il Ponte delle Spie e miglior film europeo a Son of Saul. 
 
 
Di seguito l'elenco completo dei premiati 
 
Miglior Film: Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese
Miglior Sceneggiatura: Rolando Ravello, Paola Mammini, Filippo Bologna, Paolo Genovese, Paolo Costella per Perfetti Sconosciuti
Miglior Attore Protagonista: Claudio Santamaria per Lo Chiamavano Jeeg Robot
Miglior Attore Non Protagonista: Luca Marinelli per Lo Chiamavano Jeeg Robot
Miglior Attrice Protagonista: Ilenia Pastorelli per Lo Chiamavano Jeeg Robot
Miglior Attrice Non protagonista: Antonia Truppo per Lo Chiamavano Jeeg Robot
Miglior Regista Esordiente: Gabriele Mainetti per Lo Chiamavano Jeeg Robot
Miglior Produttore: Gabriele Mainetti per Lo Chiamavano Jeeg Robot
Miglior Cortometraggio: Alessandro Capitani per Bellissima
Miglior Montatore: Federico Conforti e Andrea Maguolo per Lo Chiamavano Jeeg Robot
Miglior Autore della Fotografia: Peter Suschitzky per Il Racconto dei Racconti 
Migliori Effetti Digitali : Makinarium per Il Racconto dei Racconti 
Miglior Fonico di Presa Diretta: Angelo Bonanni per Non Essere Cattivo 
Miglior Regista: Matteo Garrone per Il Racconto dei Racconti 
Miglior documentario di lungometraggio: S Is For Stanley di Alex Infascelli
Miglior Film dell'Unione Europea: Il Figlio di Saul di Laszlo Nemes
Miglior Film Straniero: Il Ponte delle Spie di Steven Spielberg
Miglior Costumista: Massimo Cantini Parrini per Il Racconto dei Racconti
Miglior Truccatore: Gino Tamagnini, Leonardo Cruciano, Valter Casotto, Luigi D'Andrea per Il Racconto dei Racconti
Miglior Musicista: David Lang per Youth
Miglior Canzone Originale: Simple Song #3 di Sumi Jo e David Lang per Youth
Miglior Acconciatore: Francesco Pegoretti per Il Racconto dei Racconti
Miglior Scenografo: Alessia Anfuso e Dimitri Capuani per Il Racconto dei Racconti
Premio David Giovani: La Corrispondenza di Giuseppe Tornatore
Mercedes Benz Future Award: Lo Chiamavano Jeeg Robot
 
Chiara Nucera

Supereroi

Mercoledì 22 Dicembre 2021 13:45

L’ultimo lavoro di Paolo Genovese (già regista di “Una famiglia perfetta”, “Perfetti Sconosciuti”, “The Place”), intende portare sullo schermo la storia ventennale di una coppia dal punto di vista del tempo che passa e delle sue conseguenza sulla relazione.

Anna (Jasmine Trinca) è una fumettista un po’ confusionaria. Ha il dono dell’estro creativo subitaneo e della limpidezza di spirito, che la rende folle e fragile allo stesso tempo. Figlia di un padre assente e di una madre egocentrica e  narcisista, è restia a legami sentimentali che siano duraturi e che abbiano il sapore di un accogliente rifugio familiare. Forse per paura dell’abbandono, per mancanza di abitudine o di riferimenti, o forse per l’idea malsana che un legame possa far ipotecare i propri sentimenti senza possibilità di riscatto.

Marco (Alessandro Borghi) è un fisico dall’aria stralunata. Ha un romanticismo un po’ naif, tipico di chi è abituato a esprime i propri ragionamenti sul terreno assiomatico della scienza, che è insieme il suo habitat naturale e la sua prigione mentale. È un accademico. Un professore geniale e creativo che si fa travolgere dall’impetuosità di Anna e del suo ardore.

Dall’incontro di queste due metà così distanti l’una dall’altra, nasce un amore appassionato, profondo, ossimorico e per questo poetico, che la pellicola racconta nelle sue fasi ascendenti e discendenti. La narrazione segue la coppia nei venti anni della sua storia. Mette in scena le liti, i silenzi, le ansie, le interazioni, i progetti di una coppia che s’incontra per caso e poi sembra destinata a passare la vita insieme nonostante le differenze e le occasioni mancate.

Ogni momento vissuto dai due è affrontato dal regista con la lucidità di chi guarda una vita a due e di chi la studia senza censure. È un’oggettiva riproduzione di quanto e come il tempo possa cambiare l’interpretazione delle intenzioni nelle relazioni.  Di come i sentimenti siano malleabili nella forma ma non nella sostanza, quando sono profondi. Di come il tempo, come spesso ripete il protagonista, “non esista” e la distinzione tra passato presente e futuro sia un’illusione, ma di come, contemporaneamente, il tempo porti alla deformazione inevitabile del modo di stare insieme.

La storia va avanti e indietro continuamente sia nella narrazione (passano vent’anni tra l’inizio e la fine del film), sia nel montaggio, che aiuta lo spettatore a confrontare, una scena dopo l’altra, le diverse dimensioni della relazione sentimentale di Anna e Marco.

Il montaggio a singhiozzo è la chiave narrativa che mette in risalto le distanze e le similitudini di un amore che scorre per due decenni. Lo esalta e lo ridimensiona, senza vanificarne il senso profondo che viene sviscerato sullo schermo nella sua quotidianità.

 

Valeria Volpini