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Visualizza articoli per tag: meryl streep

Il discorso che Meryl Streep ha tenuto in occasione dei Golden Globes 2017 ha lasciato tutti spiazzati, ha commosso e si è dimostrato in netta opposizione con Donald Trump, nuovo presidente degli Stati Uniti. L'attrice chiude con una bellissima citazione di Carrie Fisher la compianta Principessa Leia di Star Wars : Prendete il vostro cuore spezzato e fatene arte!

Into The Woods

Lunedì 30 Marzo 2015 11:08
Into The Woods è un musical teatrale scritto da James Lapine e musicato da Stephen Sondheim nel 1986, basato sul libro “Il mondo incantato” di Bruno Bettelheim, una favola disincantata dove gli esisti dei finali classici vengono stravolti dalla bramosia dei protagonisti e riscritti da capo. La versione cinematografica di Rob Marshall con il marchio Disney ne conserva la bellezza musicale ma talvolta ne tradisce il senso. C’era una volta una strega, un mugnaio e sua moglie (James Corden e Emily Blunt), la coppia desiderava tanto un figlio, ma su di loro la perfida a buon ragione lanciò una maledizione. Dissipati i vecchi rancori e desiderosa di ottenere l’eterna giovinezza in cambio, la vecchietta promette ai giovani di dargli ciò che desiderano e di spezzare l’incantesimo a patto che da soli riescano a trovare quattro oggetti magici dentro al bosco: un mantello rosso, una scarpetta dorata, dei capelli color del grano e una mucca color del latte. E’ facile immaginare quali personaggi incontreranno. Cappuccetto Rosso è una pestifera ladra di dolci, Cenerentola una ragazza disillusa che avrebbe fatto meglio a fuggire per sempre dal ballo, Rapunzel nella torre inganna la solitudine incontrando clandestinamente il  suo amore, Jack munge il suo “mucco” con amore in attesa di trovare i fagioli magici, il lupo cattivo è Johnny Depp che per dieci minuti fa il suo show canoro e poi lascia gli spettatori.  La vera diva è Meryl Streep, nominata all’oscar come migliore attrice non protagonista per la parte della Strega, che porta meravigliosamente i suoi anni. Il regista, che aveva dato il meglio di sé adattando il musical Chicago (vincitore di sei oscar nel 2002 tra cui quello per miglior film), sembra essersi perso dentro al bosco, forse ancora “ammaliato” dalle sirene del suo quarto dimenticabile capitolo dei Pirati dei Caraibi:Oltre i Confini del Mare. Il compromesso di rendere una favola nera un prodotto per famiglie ha reso troppo ingenui i protagonisti azzerando le colpe per i loro insuccessi. La Cinderella live action di Kenneth Branagh (stessa casa di produzione e anno di uscita) ha restituito al cinema la capacità di trasportare un classico delle fiabe con onestà, senza sporcature da new generation, in cui le principesse si trasformano in eroine ammazza draghi. Al contrario Marshall ritorna un passo indietro in un film dove la confusione tra la dura morale della vita e la parodia si fondono in adattamento buono per metà e imbarazzante sulla conclusione. Nel corso degli anni novanta diverse case di produzione con relativo sfoggio di cast stellato (da Robin Williams a Danny DeVito) hanno rinunciato a questo adattamento, nel 1994 sembrava cosa fatta con la Jim Henson company, fino all’arrivo della decisione finale del 2012 di affidarlo all’impero Disney. Tre nomination all’Oscar, tre ai Golden Globes, ma nessun premio neanche quello per i costumi che hanno il pregio di essere tessuti con materiali inusuali. Il vero problema di questo titolo  è Il target : il film è tagliato a misura di bambino, ma il musical originale non lo è, è volutamente ambiguo, le canzoni sono ricche di riferimenti sessuali impliciti e la critica all’agire degli adulti non è fra le righe ma schiacciante. Come dichiara l'ultimo brano “Bisogna fare attenzione a quello che si racconta ai figli perché i figli ascoltano” così, cercando di tornare bambini e guardando la fiaba senza pregiudizi, si resta perplessi. 
 
Francesca Tulli
 

Suffragette

Lunedì 07 Marzo 2016 10:52
La vittoria delle Suffragette, portò ad una delle più grandi rivoluzioni nella storia del genere umano. Un evento che ha condizionato più di duecento anni di storia che finora era stato ignorato (o quasi) dal mondo del cinema. La regista inglese Sarah Gavron, con il chiaro intento di raccontare questa storia alle nuove generazioni, ha messo su un cast di attrici ben note a dare voce a queste donne coraggiose. Maud Watts (Carey Mulligan) è una giovanissima madre e moglie che contribuisce al mantenimento della famiglia con il suo misero stipendio da operaia in una fabbrica di tessuti. Ci sono decine di migliaia di donne nella stessa condizione, sfruttate dal padrone senza scrupoli che non perde l’occasione di abusarne a suo piacimento. In questa Londra fumosa di metà del novecento, l’idea di poter dare il diritto di voto alle donne serpeggia per le strade. Signore di ogni estrazione sociale cominciano una guerra sottopelle per cambiare il destino delle proprie figlie, rompono le vetrine, appiccano incendi, entrano ed escono orgogliosamente dalla prigione. Dopo le umiliazioni ricevute dallo stato in cambio delle dimostrazioni pacifiche, passano all’azione con l’unica forma di dibattito che gli uomini comprendono: la guerra. Tra le militanti in prima linea c’è Violet (Anne-Marie Duff) una collega e amica di Maud che la coinvolgerà molto più del previsto nel suo giro di rivoluzionarie. Tra le più agguerrite c’è Edith Ellyn (Helena Bonham Carter) che usa la sua farmacia come copertura per una base operativa. Splendido è il ritratto della Signora Pankhurst, icona della rivoluzione realmente esistita, qui interpretata in una sola memorabile scena da Meryl Streep. Le figure maschili (come ci è stato spiegato dalla regista durante la conferenza stampa per la promozione del film a Roma) sono volutamente di secondo piano; per una volta le protagoniste sono solo donne perché questo accade raramente al cinema, ed è stato difficile trovare attori maschi disposti a fare queste parti marginali quando deprecabili, il marito di Maud è un inedito Ben Whishaw. Questo film girato nei luoghi dove i fatti sono realmente accaduti (Palazzo del Parlamento compreso su permesso esclusivo) è stato presentato come “non il solito film in costume” ma di fatto la ricostruzione precisa del periodo, il dispendio di comparse e costumi, la regia con il filtro polveroso e la recitazione teatrale (non che sia un male) ne fanno un film storico “da manuale scolastico” a tutti gli effetti. A svecchiare l’argomento c’è l’attualità delle tristi disparità che ancora ci sono tra i generi. 
 
Francesca Tulli

The Post

Giovedì 01 Febbraio 2018 12:38
Una fuga di segreti governativi, settemila pagine rubate al pentagono che dimostrano come la Casa Bianca abbia mentito ai cittadini americani e all’intero mondo per trent’anni, nelle mani di pochi coraggiosi pronti a tutto per amore della verità. Non è fantascienza ma storia, storia recente. Il regista Steven Spielberg (vincitore di 4 premi Oscar candidato ad un quinto per questo film) nel suo ruolo di “professore” ideale si siede nuovamente alla cattedra. 1971, la signora Kay Grahm (Meryl Streep) prende le redini del Washington Post (del titolo) quando era un modesto quotidiano all’ombra degli altri. Al suo fianco, una testa calda il capo redattore Ben Bradlee (Tom Hanks) un giornalista affamato di scoop a cui affida il compito di scansare il pericolo “banca rotta”. Tra facoltosi matrimoni e altre pagine frivole di poco conto, il New York Times pubblica la “bomba” la notizia del secolo. Alcuni documenti trafugati da una fonte segreta, provano il vergognoso coinvolgimento degli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam e incastrano inequivocabilmente una lunga catena di Presidenti compreso l’allora vigente incarica Richard Nixon. Un osso duro. La stampa diventa nemica dello stato. Una scissione mai saldata. Questo non intimorisce Bradlee, pronto a tutto per mettere mano a quei files. Anni fa, fu Spielberg stesso a sostenere durante un intervista riguardo “Salvate il Soldato Ryan” (1998)  che: “I giovani impareranno i fatti storici dai film e non dai libri di scuola”. E’ forse il peso di questa responsabilità unita alla sua innegabile passione per il genere a far si che nei suoi film ci sia sempre una accurata e maniacale ricostruzione perfetta nella resa di scenografie e costumi e nella veridicità dei fatti (tralasciando questa volta, qualche voluta licenza poetica per i protagonisti ad opera della sceneggiatrice Liz Hannah). La meravigliosa Meryl Streep (la più a fuoco nel ruolo candidata alla statuetta come “migliore protagonista femminile”)  durante la conferenza stampa (tenutasi a Milano) ha sottolineato l’importanza e il coraggio che le donne come la sua Lady Grahm hanno avuto in queste vicende: svantaggiate dalla morale maschilista, hanno messo in gioco la propria vita, la loro posizione e la loro famiglia per amore della giustizia. Nella corsa per gli Oscar 2018 a cui è candidato a due statuette squadra vincente non si cambia e il compositore John Williams, come da tradizione, firma anche questa colonna sonora non ottenendo però la nomination nella sua categoria. Caratterizzato da una prima parte d’assetto, in cui i fatti si sviluppano lentamente, prende ritmo nella seconda e diventa una corsa contro il tempo, dall’epilogo noto ma non scontato. In The Post la libertà di stampa “diritto dei giornalisti che serve a preservare la democrazia” a detta del regista, si fa metafora della libertà  in ogni campo uscendo dai confini degli USA rendendolo, contrariamente alla recente biografia di Lincon (2012) firmata dallo stesso regista, un film accessibile a tutti.
di Francesca Tulli