Argo, trionfatore all'85esima edizione degli Oscar con i riconoscimenti come miglior film, sceneggiatura non originale e montaggio, è basato su una vicenda realmente accaduta. La storia è collocata durante la rivoluzione islamica del 1979 quando, attraverso uno spiegamento di forze congiunte canadesi e statunitensi, i due governi si adoperarono per la liberazione di 6 ostaggi trattenuti in territorio iraniano.
Per far questo viene interpellato l'esperto della Cia Tony Mendez, interpretato da un barbuto Affleck alle prese con un curioso stratagemma.
Terza prova da regista per il tuttofare Affleck (Oscar per la miglior sceneggiatura originale assieme a Matt Damon nel '98 con “Will Hunting- Genio ribelle”), che qui oltre ad adoperarsi come protagonista e regista è anche produttore e sceneggiatore. Seppur con barba, capelli randagi e giacche sformate, l'immagine di agente super-eroe sembra attirarlo molto più di quella di semplice impiegato dall'idea brillante. Colpisce infatti proprio l'approfondito studio fatto sui personaggi che come vediamo alla fine, nella comparazione con gli originali, paiono tutti perlopiù ricalcati alla perfezione, ad esclusione proprio di Affleck che poco si accosta al paffutello messicano Mendez.
Ma questo in fin dei conti poco importa. Se da una parte si vuole sottolineare all'estremo la ricerca della perfezione e della riproposizione storica fin nei minimi dettagli, dall'altra ci si ricorda che in fin dei conti si tratta pur sempre di un film con l'assunzione di una serie di accorgimenti utili a non far diminuire il livello d'attenzione dello spettatore. Si oscilla perciò tra comico ed action puntando sullo strabordante John Goodman nel primo caso e sull'eroico Affleck per il resto. Il ritmo dunque tiene, seppur con qualche stonatura d'insieme.
Audio e video si impastano in ottima maniera, ricreando l'atmosfera del periodo. Ottimi i costumi e le scenografie coadiuvati da una buona fotografia. Tutto sommato Argo si dimostra un film piacevole avendo dalla sua la singolarità che solo alcune storie vere possono avere, ma forse non meritando due ore di attenzione.
Alessandro Zorzetto