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La seconda natura

Mercoledì 09 Ottobre 2013 11:24

Marcello Sannino porta in scena la storia dell’avvocato, mecenate e umanista Gerardo Marotta. 

Il suo ritratto cinematografico è un insegnamento di vita.
 
Su che cosa si basa oggi lo Stato Sociale? Pensando al nostro Bel Paese, soprattutto in questo periodo di incertezze e turbamenti, non vengono in mente capisaldi, né correnti ideologiche alle quali appigliarsi o dalle quali ripartire. Le speranze svaniscono in un fiume in piena che porta via tutto, quello dell’ignoranza, della poca curiosità, della sdrucita formazione scolastica. 
Eppure da qualche parte c’è ancora qualcuno che crede nella cultura, nelle libere correnti di pensiero, qualcuno che ancora “combatte”.  
Non parliamo di gruppi di attivisti organizzati, né di coalizioni politiche, ma di un uomo: una persona che ogni giorno porta a termine la sua battaglia a colpi di libri. 
E’ Gerardo Marotta il protagonista assoluto de “La seconda natura”, il nuovo documentario di Marcello Sannino, un ritratto cinematografico, un omaggio, ma soprattutto un regalo. 
Il regista segue il suo uomo nella quotidianità, ripercorrendone la vita dalla fondazione dell’Associazione “Cultura Nuova” alla creazione dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, punto di riferimento per gli studiosi di tutto il mondo.  
Marotta è dunque un avvocato, un mecenate, un filosofo, un umanista in guerra da sempre per l’affermazione della cultura come strumento di giustizia sociale.  
“Non c‘è pace senza cultura”, afferma; è necessario risvegliare le tradizioni culturali addormentate dalla burocrazia: le idee sono morte e il popolo è rassegnato.
Guardando e ascoltando la voce di questo anziano e gracile omino non si può fare a meno di rimanere ammaliati, “La seconda natura” è un’occasione più unica che rara per aprire la propria mente: una lezione di storia, filosofia e politica che non si trova di certo sui libri. 
Sannino rievoca alla mente un passato lontano, grazie ai racconti del suo protagonista e al montaggio di straordinarie immagini di repertorio: seppure il suo documentario sia un pugno nello stomaco per animi e coscienze, riesce a contagiare gli spiriti e a riaccendere le speranze. 
L’avvocato napoletano fa venire i brividi nella parte finale, si chiede (ci chiede) dove sono finiti i giovani come Gramsci pronti a fare la rivoluzione,  quella che non ha niente a che fare con la presa della Bastiglia. Marotta parla di quella rivoluzione che pianta nel cuore un principio, un demone in grado di ardere, crescere e mantenere un giovane vivo, non morto. 
Noi non abbiamo saputo rispondergli. 
 
Silvia Marinucci