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L'uomo che compro' la luna

Giovedì 02 Maggio 2019 23:14
Due agenti segreti italiani scoprono che un abitante di un piccolo paese della  Sardegna si è impossessato della luna con uno stratagemma legale risalente a cinquant’anni prima e, tramite i servizi segreti americani, mandano in missione una spia che sanno avere origini sarde seppure ben nascoste e mimetizzate dall’accento meneghino e da una tintura bionda per capelli.
Il film è una sorta di romanzo di formazione in cui il protagonista cresce ritrovando la sua vera essenza e le sue radici nella Sardegna, patria del nonno, e allo stesso tempo sfondo caustico, duro e spigoloso.
Il prologo mostra un uomo su un’ape che incontra di fronte a lui, su una distesa desertica, un asino che cocciutamente non accenna a scostarsi per far passare l’ape e il suo guidatore che, allo stesso modo, non devia di un millimetro dalla sua direzione nonostante lo spazio disponibile.
Con questo riferimento a uno dei più comuni stereotipi sardi (l’essere testardi) si apre la seconda opera del regista Paolo Zucca che, dopo “L’arbitro”, raggiunge una maturità artistica maggiore e sforna un piccolo gioiellino cinematografico. 
Nonostante l’intera trama sia strettamente legata all’essenza e all’anima dell’isola, il film è assolutamente godibile per ogni tipo di pubblico. Zucca rende merito alle caratteristiche più peculiari dei suoi corregionali utilizzando come espediente narrativo gli stereotipi che li descrivono, senza però farne macchiette ridicole. L’iconografia sarda diventa simbolo di una provincia che non c’è più e che esprime tutta la profonda identità di un popolo profondamente radicato nei propri confini. Si ride in modo caustico e improvviso e senza mai strizzare l’occhio ad espedienti prosaici ma sfruttando la naturale predisposizione del carattere isolano.
Kevin Pirelli (Jacopo Cullin) si ritrova come nel più tradizionale viaggio dell’eroe a girare la Sardegna in cerca di qualcosa e qualcuno che poi finirà per essere più un viaggio interiore che utilitaristico.
La missione deve essere eseguita in modo perfetto e quindi occorre un addestramento per mimetizzarsi al meglio nel territorio. Gli agenti segreti convocheranno quindi un precettore: Badore (Benito Urgu) un sardo doc che incarna perfettamente l’archetipo che vuole rappresentare e che, insieme al protagonista compone una coppia comica irresistibile.
Oltre agli elementi comici e picareschi “L’uomo che comprò la luna” si offre allo spettatore anche in una veste poetica. C’è il tema della lealtà, del rispetto, dell’amore tra coniugi e dell’adorazione per la propria terra e le proprie radici. C’è un’aria surreale, quasi favolistica con un pizzico di fantascienza che, traslata in una dimensione provinciale, evoca degli scenari improbabili e proprio per questo interessanti. 
Esattamente come le caratteristiche degli sceneggiatori questo film ha tre anime perfettamente correlate tra loro: quella dello stesso Zucca che compie un atto di amore, non privo di critiche, verso la sua terra; quello di Geppi Cucciari e il suo umorismo connaturato alla sua “sardità” e quello di Barbara Alberti e del suo tocco intellettuale e femminile.
Questi tre aspetti sono perfettamente inseriti nella trama narrativa che riesce ad essere credibile nonostante l’apparente prologo surreale.  
La godibilità di questo film resta intatta per tutta l’ora e quarantacinque minuti, appassionando lo spettatore che si affeziona inevitabilmente al protagonista un po’ goffo che alla fine sceglierà se portare a termine il suo lavoro o ritrovare la sua anima sarda nei suoi anfratti più intimi, rispettando gli insegnamenti del suo precettore.
 
Valeria Volpini