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The Parade - La Sfilata

Venerdì 26 Luglio 2013 14:17
"La struttura del mio film è simile a quella della commedia all’italiana, all’inizio lo spettatore si rilassa per poi avere una presa di coscienza nel finale." 
Srđan Dragojević, regista e sceneggiatore serbo con una lunga traiettoria nella cinematografia nazionale e non solo, riassume efficacemente la struttura e l’anima di questa “tragicommedia sociale”.
Una sintesi iniziale che ricompone gli elementi principali dello scacchiere “geopolitico” balcanico in riferimento ai conflitti etnici che dividono serbi, croati, bosniaci e albanesi. Poi un tuffo, arricchito di umorismo non scontato, in un intreccio paradossale. Ed infine l’amara presa di coscienza della realtà serba in fatto di discriminazioni e omofobia. Di fatto il tema dell’omofobia finisce per fondersi e confondersi con quello etnico, convogliando un senso etico di rispetto e convivenza nella diversità che resta il letimotiv di tutto il film.
Volutamente schematico in una fase iniziale che utilizza tutti gli stereotipi in voga per disegnare il quadro etnico balcanico e l’immaginario omosessuale (non mancano tutti i luoghi comuni sulle “checche isteriche”), il film si apre poi ad una maggiore complessità in cui sono gli stessi personaggi a rendere conto della varietà umana attraverso i cambiamenti a cui le loro convinzioni vanno incontro. Se Radmilo e Mirko, coppia gay quotidianamente vittima di attacchi omofobi, si apriranno alla conoscenza del “nemico”, Limun, veterano di guerra, machista e omofobo, vedrà lentamente sgretolarsi i suoi pregiudizi nei confronti della coppia (e, per estensione, delle persone LGBTQ) fino a mettere a disposizione il suo corpo, e quello dei suoi amici, per difendere e scortare il primo Gay Pride a Belgrado.  Il paradossale sdoganamento dai proprio pregiudizi è reso possibile da una donna, Biserka, tanto volgare e sguaiata quanto forte nelle sue convinzioni, la quale fa da anello di congiunzione fra Limun, suo futuro sposo, e la coppia gay che si occuperà dell’organizzazione del suo matrimonio in grande stile. Un nodo banale all’interno dell’intreccio rende possibile l’avvicinamento, non senza già ripresi clichés, fra soggetti da sempre lontani e ostili l’uno all’altro  attraverso una scorribanda per i paesi dell’ex Jugoslavia che ha come epicentro Belgrado. Lo scorrere delle azioni e delle scene conduce verso il momento catartico dello scontro fra i manifestanti del Gay pride e i gruppi neonazisti (scortati dalle forze dell’ordine, ça va sans dire), uno scontro impari che mieterà le sue vittime ma che permetterà alla comunità LGBTQ di continuare a lottare per ribadire il proprio diritto ad esistere ed essere rispettata.
Il ritmo è sempre veloce e sostenuto, affastellato da momenti comici ben calibrati e pause in cui emerge una maggiore drammaticità. La sceneggiatura, scritta dallo stesso Dragojević, poggia su di una struttura che sa contenere la leggerezza di elementi di fiction innestati in una realtà sociale difficile, per restituire allo spettatore la possibilità di riflettere, sorridendo, sul grande tema del rispetto umano. “Se avessi fatto un dramma realistico con scene aggressive e violente sarebbe stato un prodotto adatto ai festival, ma senza impatto per la maggior parte del pubblico. Ho pensato che fosse meglio descrivere personaggi medi, che siamo abituati a vedere per le strade. Quindi non ho cercato solo di intrattenere ma di creare uno strumento politico per cambiare l’idea comune della gente.”
Premio del pubblico al festival di Berlino, anche premiato al festival LGBT di Torino e al Medfilm festival di Roma, il lungometraggio di Dragojević vuole pertanto porsi come atto militante e politico che lavori coscientemente, dentro e fuori i confini balcanici, per scalfire le maglie pericolose dell’omofobia e dell’odio etnico, senza appiattirsi in un discorso documentaristico adottato ad uso e consumo della comunità LGBTQ. Un piccolo tassello di un movimento più grande che, con difficoltà e molta caparbietà (soprattutto a causa degli oppositori più temibili: Chiesa ortodossa e media)  getta le basi per un costante e progressiva apertura della convivenza nelle differenze (etniche, sessuali etc). Se nel 2001 un tentativo di organizzare il Gay Pride si trasformò in un bagno di sangue, nel 2012 il ministro degli Interni croato ha chiesto ai veterani di proteggere i manifestanti durante la parata, che è trascorsa senza incidenti. Tanto lavoro resta ancora da fare…
 
Elisa Fiorucci