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Visualizza articoli per tag: citizenfour

Snowden

Martedì 18 Ottobre 2016 18:26
Già raccontato nel documentario premio Oscar Citizenfour, Edward Snowden è un informatico in fuga dagli Stati Uniti per aver rivelato dettagli sui programmi di sorveglianza di massa del governo, fino ad allora rimasti segreti. 
Oliver Stone confeziona la parabola epica di Snowden (Joseph Gordon-Levitt), dall’incontro con il reclutatore della CIA Corbin O'Brian (Rhys Ifans) alla prodigiosa ascesa come tecnico informatico nei servizi segreti. 
 
Stone usa come cornice la realizzazione di Citizenfour per raccontare la nascita di una coscienza civile in un ragazzo ciecamente conservatore che voleva diventare soldato. Per creare più empatia con il pubblico, fa di Snowden un supereroe diviso fra il lavoro top secret nelle operazioni di sorveglianza e il rapporto sentimentale con Lindsay Mills (Shailene Woodley), figura femminile inevitabilmente subalterna al protagonista messianico.
Ma la storia d’amore travagliata distrae dal messaggio di contropotere e l’esigenza di spettacolarizzare la vita privata del protagonista finisce spesso per prevalere sulle contraddizioni politiche che Stone intende mettere in luce: un lavoro criminale è ugualmente tale se lo fai per conto del governo?
 
Come Buddy Fox/Charlie Sheen in Wall Street, Ed Snowden si rende conto che il mondo straordinario di cui ha varcato la soglia è qualcosa di moralmente deprecabile e decide di rivoltarcisi contro, sfidando coraggiosamente il suo mentore e il sistema stesso. Tuttavia, senza le implicazioni edipiche fra l’eroe e il mentore presenti in Wall Street, Snowden è un santino da agiografia, che agisce sempre nel nome di ideali nobili e sacrifica la sua libertà pur di dare al mondo intero la libertà di scegliere. Dopo aver sottratto le prove da rivelare ai media, nell’unica sequenza di pura suspense del film, il messia sorridente viene avvolto da un’abbagliante luce bianca, mentre varca per l’ultima volta la soglia fra la sede della NSA e il mondo esterno.
Quello operato da Stone è un vero processo di santificazione, privo della tensione da spy story e stilisticamente tanto posticcio da risultare indigesto. Come nella scena di addio fra Ed e Lindsay, su una spiaggia delle Hawaii, con il sole al tramonto e le sagome dei due in controluce, tanto plastica da sembrare lo spot di un’agenzia di viaggi. 
 
In questo modo Stone finisce per fare il gioco dell’americanismo dominante, che impone prepotentemente i suoi modelli di libertà con la ferma convinzione di essere sempre dalla parte dei buoni. Il governo – prima l’amministrazione di Bush poi quella di Obama - è venerato ciecamente dai personaggi negativi del film con gli stessi stilemi retorici usati da Stone per dipingere Snowden, che a quel governo si è coraggiosamente opposto. 
 
Angelo Santini