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Visualizza articoli per tag: carlo giuliani

Diaz

Sabato 14 Aprile 2012 14:57

 

20 luglio 2001. In un torrido pomeriggio edizioni speciali dei telegiornali annunciano la morte di Carlo Giuliani, ventitreenne ucciso da un carabiniere durante l'assalto ad una camionetta. In quei giorni un importante avvenimento ha segnato l'Italia, scuotendola politicamente, facendo aprire brevemente gli occhi su un fervente movimento di oltre 300mila persone, provenienti da ogni parte del mondo, che invade Genova, sede del G8, allo slogan di “un mondo diverso è possibile”. Sotto la cadenza di passi decisi, la città vacilla snervando la falsa armonia di un summit che, facendo il gioco delle multinazionali, annienta i diritti dei singoli.

Un racconto scarno, minimalista, seppur traboccante di pathos, che evita i sensazionalismi non ammettendo giri di parole. Solo i fatti contano e i fatti sono proprio quelli raccolti minuziosamente negli atti giudiziari, nelle inchieste, nelle testimonianze, nei libri fuoriusciti dalla notte della tremenda “macelleria messicana”. È il 21 luglio, è passato un giorno dalla morte di Carlo, e al calar della sera, la polizia spalleggiata da carabinieri e Digos, fa irruzione nella scuola Diaz, una delle strutture adibite a dormitorio che accoglie i manifestanti. Ciò che ne esce è un quadro destabilizzante in cui niente è fuori posto, nulla affidato alla pura immaginazione perché cronaca scrupolosa degli accadimenti, una pellicola di altissimo valore cinematografico ma soprattutto civile, una rivelazione per quanto riguarda lo stesso Vicari che non si era mai spinto tanto lontano. Fitta materia creata attraverso contrasti sincopati, rallenty funzionali a riavvolgere il filo della narrazione per riprenderlo da più punti di vista, ritmi serrati. Una guerra vista coerentemente attraverso lo sguardo di chi l'ha fatta e di chi l'ha subita, nella dilatazione di spasmi di dolore che si prolungano divenendo infiniti, traducendo crudeltà gratuite che si sarebbero riscoperte poi solo a Guantànamo.

È lotta, sangue, ingiustizia è “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale”, citando Amnesty International.

E tutto si ferma quando chiudi gli occhi anestetizzato dai colpi del manganello, dopo aver alzato le mani al cielo nel segno di una resa (ma da quale lotta?), sorpreso nell'attesa di un nuovo giorno per esprimere il diritto di affermare i tuoi diritti: il diritto di dissentire.

Di chi sono le colpe? Cosa c'era prima e cosa ci sarà dopo? A Vicari non interessa, vuole solo raccontare il momento, le fasi di quei giorni, il trascendere di una furia umana che ha nuovamente infangato l'integrità del nostro Governo, delle forze dell'ordine che invece di proteggere e tutelare i cittadini si sono rese fautrici di barbarie. A cosa serve, qual'è l'effetto? Forse solo a ricordarci chi siamo e cosa non dovremmo mai essere, non dimenticando, nonostante le prescrizioni processuali e provvedimenti mai presi. Tutto questo non ci viene spiegato con parole ma nella maniera più diretta possibile, facendocelo sentire come un violento pugno nello stomaco. Allo scorrere dei titoli di coda si alternano incredulità, sgomento, smarrimento perché sappiamo bene che non è fiction ma un dramma che ci portiamo dentro. Vorremmo piangere, sprofondiamo in un pesante silenzio, proprio come quando, 11 anni fa, guardammo il corpo esanime di Carlo, riverso sull'asfalto in una pozza di sangue.

 

Chiara Nucera

The Summit

Martedì 26 Febbraio 2013 23:44

È trascorso poco più di un paio di lustri da quell'estate del 2001 che vide Genova teatro del G8, l'incontro dei leader degli otto paesi più industrializzati al mondo, e luogo delle manifestazioni di protesta e confronto organizzate dal Genoa Social Forum. La coesistenza dei due eventi portò ai tristemente noti “fatti del G8 di Genova”, comprensivi di morto (il giovane Carlo Giuliani freddato dal carabiniere di leva Mario Placanica) e di irruzione delle forze di Polizia all'interno della Scuola “Armando Diaz”, scenario di quegli atti di violenza gratuita che furono definiti “Macelleria messicana”.

È trascorso poco più di un paio di lustri e già il cinema si è occupato numerose volte di quegli accadimenti: a caldo, nello stesso 2001, Davide Ferrario mette su Le strade di Genova ed il collettivo composto da Roberto Giannarelli, Francesco Ranieri Martinotti, Paolo Pietrangeli, Wilma Labate gira Genova per noi; l'anno dopo Francesca Comencini porta in sala Carlo Giuliani, ragazzo; mentre ultimo, nel 2011, arriva Black Block di Carlo A. Bachschmidt, indagine troppo di parte, ma lavoro preparatorio all'unico film di finzione – se si eccettua Cosimo e Nicole (2012) di Francesco Amato che tangenzialmente sfiora i fatti - che nel 2012 dividerà pubblico e critica: Diaz – Don't clean up this blood di Daniele Vicari.

Il 2013 è l'anno di The summit di Franco Fracassi, già dietro a documentari di scottante attualità come Zero – Inchiesta sull'11 settembre e Sangue e cemento sui fatti de L'aquila - e Massimo Lauria. I due registi, forti dell'effetto taumaturgico del tempo, affrontano l'analisi di quei tre giorni roventi, dal 19 al 21 luglio del 2011, da vari punti di vista, utilizzando anche dei documenti unici, come le numerose telefonate della gente comune che avvisava la Polizia prima delle distruzioni compiute dai Black Block e poi della carneficina provocata all'interno della scuola “Diaz”, o le inedite ricostruzioni video ammesse poi come atti processuali, realizzate da Mark Covell, il giornalista inglese massacrato fuori dall'edificio la notte della Macelleria. Ad arricchire l'argomentazione dei fatti sopraggiungono importanti testimoni, quali Don Andrea Gallo, Vittorio Agnoletto, Claudio Giardulo (ex segretario generale del sindacato di Polizia SILP/CGIL), Sergio Finardi (esperto di tattiche di guerra informali), Fabio Mini (Generale dell'Esercito Italiano), Vincenzo Canterini (ex comandante VII nucleo sperimentale Squadra Mobile e consigliere del CONSAP), Dario Rossi (avvocato del Genoa Social Forum) e lo stesso Fracassi, all'epoca giornalista sul luogo degli eventi.

Ad un certo punto, così come accade nel precedente Zero quando Dario Fo entrava in scena per una ricostruzione, qui l'attore Ciro Scalera interviene a mettere insieme tutte le prove dell'omicidio di Giuliani, per tentarne una nuova lettura aprendo la strada a nuovi interrogativi sulle indagini. Ed è proprio da quel momento che The summit inizia a perdere qualche colpo, smarrendo l'unità d'insieme ed anche il chiaro obiettivo che s'era fin lì prefissato, introducendo la figura di un narratore che, distaccandosi dai meri e cinici accadimenti per mezzo di un enfatico spazio teatrale, diviene cassa di risonanza per molteplici dubbi.

Il lavoro dei due registi, coadiuvati nelle inchieste da una valida equipe, resta comunque rilevante come documento dei (mis)fatti di Genova e come tassello se non indispensabile almeno utile per comprendere che cosa accadde davvero in quei giorni.

 

Paolo Dallimonti e Chiara Nucera