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Border

Giovedì 28 Marzo 2019 14:42
Tina (Eva Melander) lavora come doganiera in un porto svedese, crocevia di viaggiatori che arrivano prevalentemente dalla Danimarca. Lavoro routinario che lei compie tuttaviacon eccezionalità, visto che possiede un incredibile olfatto, con cui può percepire emozioniquali paura, vergogna e rabbia dalle persone intorno a lei.
Purtroppo anche altre caratteristiche la differenziano dall’ordinario, perchè è accompagnata da un aspetto che mette a disagio la gente comune, lei appare piuttosto tozza e villosa, con fattezze quasi neanderthaliane, a sottolineare la distanza tra lei e gli homo sapiens che la circondano.
Le peculiarità fisiche di Tina la portano molto piú vicina al regno animale, piú primitivo e impulsivo di quello artificioso della città, in cui sempre piú situazioni sembrano metterla a disagio. Si sente molto piú in contatto con volpi, alci e cervi che popolano il paesaggio svedese che all'interno delle mura domestiche, dove la aspetta quotidianamente una convivenza con un personaggio approfittatore e superficiale.
Ed è durante l'ennesimo controllo alla frontiera che incontra un viaggiatore molto particolare, Vore (Eero Milonoff), un individuo a lei somigliante e che il suo olfatto non riesce a decifrare. Tra i suoi oggetti personali cose misteriose come un orologio senza lancette e un barattolo di vermi, e un modo di comunicare molto diretto e schietto, cosí diverso dalle parole ingannevoli della massa.
La curiosità e soprattutto la speranza di aver trovato qualche punto di unione con un’altra
persona la porteranno a lasciare tutte le (poche) sicurezze della sua vita e a inseguire una
strada che finora sembrava sbarrata. E il nuovo arrivato, ora compagno di viaggio, diventa guida verso la scoperta di lati della sua persona di cui ignorava completamente l'esistenza. Questi, a cavallo del confine tra
mondo umano e naturale nasconde però anche altri lati, piú oscuri, con cui Tina ben presto impara ad avere a che fare.
I confini e la ridefinizione degli stessi sono concetti che appaiono costantemente, e di cui Tina stessa si fa carico a partire già dal suo lavoro. Ma vengono qui ripresentati coniugati in una pluralità di versioni, dal modo in cui una persona riesce a sentirsi parte di un tessuto sociale al riconoscersi nella propria anatomia
e identità sessuale, fino al significato stesso della nostra umanità. Attraverso la lotta per l'accettazione si può arrivare a capire veramente fin dove ci si può spingere e quali ideali inseguire per definire sè stessi, pena lasciarsi andare ad un odio e vendetta senza alcun limite.
Il film è continuamente alternato da momenti di una sensibilità e candore rari ad altri molto piú ottenebranti ed aggressivi, quasi animaleschi, e si viene colpiti dall'assoluta istintività di certe sequenze.
Tutti meriti del regista, che con una serie di primi piani molto intimi e gestendo con efficacia silenzi e sguardi dei protagonisti ci consente di empatizzare con facilità, e di avvicinarci come un animale incuriosito a questa fiaba moderna, figlia di un racconto di John Ajvide Lindqvist, definito lo Stephen King svedese per la sua attinenza al genere horror. Dopo Lasciami Entrare, dello stesso autore, in cui i confini dell'umanità sfumavano tra la figura gotica del vampiro e l'innocenza della giovinezza, arriva quindi un'altra opera
dura e immaginifica a metà tra la concretezza delle opere nordiche e una pellicola alla Del Toro.
Menzione finale per il trucco, autentico valore in piú rispetto alla già ottima caratterizzazione dei due protagonisti.
 
Omar Mourad Agha