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Arrival

Sabato 10 Settembre 2016 15:55
Arrival di Denis Villeneuve (Sicario - 2015, la Donna che canta - 2010) era tra i film più attesi della Mostra di Venezia edizione 73. Con grandi aspettative è sbarcato al Lido e ci è restato a pieni meriti. Il regista canadese, ancora una volta, ci ipnotizza trasmettendo una tensione che dal primo all’ultimo minuto fa mancare il fiato. Troppo celebrale e con la croce di essere un sci-fi, per entrare nel palmares dei premi. Peccato perché sarebbe stata l’occasione per andare oltre le barriere e razionalizzare che il cinema odierno è qualcosa di più di una telecamera fissa e che la genialità sta anche in altri mondi. 
 
Improvvisamente arrivano sul pianeta Terra diverse navi aliene. Questi mezzi extraterrestri hanno la forma  di una melanzana gigante e fluttuano a pochi metri dal suolo. Una paura collettiva accomuna tutti i paesi del mondo, che si vedono costretti ad organizzarsi per difendersi. Prima di intraprendere una strada bellicosa, gli stati più potenti cercano di stabilire un contatto con questi esseri. Il colonnello Weber degli Stati Uniti (Forest Whitaker) chiede aiuto a Louise Banks (Amy Adams), affermata linguista che già in passato aveva collaborato con il governo. Decifrare il linguaggio degli ospiti sarà impresa ardua anche per la migliore. Trepidazione e curiosità invadono l’animo della donna nel momento del contatto con gli eptapodi. Il dono di Louise sta nel tradurre l’intraducibile e dentro questo c’è qualcosa per se stessa e anche per noi.
Il resto è tutto da scoprire, compresi gli ignoti e sorprendenti viaggi che la pellicola ci regala.
 
Il film e tratto dall'antologia di racconti Stories of Your Life di Ted Chiang. Eric Heisserer ne ha curato l’adattamento cinematografico in perfetta coesione con lo stile di Villeneuve, riuscendo con un perfetto equilibrio nella narrazione, a nascondere gli indizi che portano all’apertura della scatola finale. Una sorta di M. Night Shaymalan elegante.
 
Il fiore all’occhiello di Arrival è senza dubbio, come già accennato in precedenza, la regia chirurgica del talento canadese. Uno sci-fi raro, forse unico, con contaminazioni nolaniane che si fanno largo in quello che si può definire un trip completo. La direzione è focalizzata e concentrata. Con pochissimo materiale costruisce un climax che ascende ad elevate quote di trazione, rimanendoci ed espandendosi scena dopo scena.  
Villeneuve ha una visione di per sé aliena, non umana, un occhio scrutatore che si differenzia dal parco dei registi contemporanei. Tende a dare, ma anche ad avere: confeziona film per tutti e strizza l’occhio all’autorialità. La sua conforme illeggibilità è uno dei suoi segni distintivi. Qui inserisce inquietanti momenti horror, che by-passano le classiche cornici della fantascienza per ricrearla a sua immagine e somiglianza.
 
L’invasione aliena può essere anche vista come metafora degli avvenimenti sconvolgenti che la terra sta subendo negli ultimi 15 anni, dopo il nefasto 11 settembre 2001. Argomento attualizzato in chiave cine-fantascientifica. Quest’atmosfera di terrore e paura è resa più vivida grazie anche alla colonna sonora dell’islandese Jóhann Jóhannsson (compositore che ha curato buona parte dei film di Villeneuve). Il tema musicale è un vero protagonista, sempre presente al fianco della linguista e del matematico Ian (Jeremy Renner), trasmette dentro e fuori lo schermo disagio ed un’aliena inquietudine.
 
Nemici o amici? I grossi poliponi protagonisti di Arrival si riveleranno solo nel mese di Gennaio al pubblico italiano. Nel frattempo si possono solo lodare tutte le incognite del caso. Rebus magistralmente gestito che gioca con il tempo e la consapevolezza. Le scelte consapevoli sono esattamente il centro dell’attenzione di questa pellicola, decisioni che non hanno un giusto o sbagliato universalmente riconosciuto e nella loro accettazione risiede l’essenza della vita, bella o brutta che sia.
 
David Siena