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Enzo Tortora - una ferita italiana

Giovedì 26 Giugno 2014 16:53
Enzo Claudio Marcello Tortora (Genova, 30 novembre 1928 – Milano, 18 maggio 1988) è stato un conduttore televisivo, giornalista pubblicista e politico italiano”, così si apre la lunga pagina di Wikipedia a chi, oggigiorno, rovistando nel web volesse sapere chi fosse Enzo Tortora. Ma è solo una delle tante fonti su quel signore garbato e gentile col quale sono cresciute almeno tre generazioni di italiani, compreso chi scrive. Alla luce di un film, Un uomo perbene di Maurizio Zaccaro, e di una fiction, Il caso Tortora – Dove eravamo rimasti? di e con Ricky Tognazzi, e di numerosi libri scritti su e dal celebre giornalista, le informazioni al suo riguardo e circa l'incredibile caso giudiziario di cui fu protagonista oltre trent'anni fa sono davvero alla portata di tutti. Proprio più di trent'anni fa, quando il 17 giugno 1983 venne arrestato con l'accusa di associazione di stampo camorristico dalla Procura di Napoli. Accuse infamanti che il 15 settembre 1986, grazie all'assoluzione con formula piena da parte della Corte d'Appello di Napoli, cadranno inesorabilmente. Ma Enzo, pur tornato in televisione col suo caro “Portobello” e con nuovi progetti quali “Giallo”, minato nell'animo e nel fisico da anni di battaglie giudiziarie, un giorno di maggio del 1988 lascerà questo mondo che non l'ha sempre amato.
C'era davvero bisogno di un documentario sul “caso Tortora”? In un paese come l'Italia in cui post-mortem chiunque viene santificato d'ufficio, qualunque cosa abbia fatto in vita, solo per il fatto che non possa sbugiardare chi lo vilipese in vita, probabilmente sì. Ma non certo fatto così come Ambrogio Crespi, fratello di Luigi, sondaggista di fiducia di Silvio Berlusconi, ha pensato di realizzarlo. Innanzitutto, stante quanto detto sopra, la mole di materiale a disposizione è così ampia che selezionare immagini e filmati è quanto di più semplice, come anche raccogliere dichiarazioni in merito ad una vicenda vergognosa sulla quale non si sarà mai detto abbastanza. 
Il problema è che Crespi, dopo aver messo insieme senza troppa fatica un po' di girato, decide per qualche motivo di sommergere le immagini con le roboanti musiche di Thomas Di Lorenzo senza soluzione di continuità, se non quella della fine di un brano prima dell'inizio del successivo, come se avesse inserito un CD che non riuscisse più a fermare. Il risultato è che un film già mediocre finisce per diventare spesso incomprensibile, a causa di una colonna sonora che sovrasta le pur relativamente interessanti parole degli intervistati, tra i quali la compagna del presentatore Francesca Scopelliti. Sembra assurdo, ma a fronte di un montaggio (di Mauro Menicocci) non eccelso per quanto potabile, una maggiore cura del missaggio avrebbe evitato il disastro.
Per una volta, caso più che raro, l'indagine documentaristica si dimostra nettamente inferiore alla finzione. Unica attenuante e probabile fonte d'ispirazione per Crespi è quella di aver vissuto sulla propria pelle, pur se in tono minore, un'odissea simile a quella di Tortora, subendo anch'egli il dramma della carcerazione preventiva: tra il 2012 e il 2013 è finito in prigione per 200 giorni in seguito alle accuse di un pentito che si è poi rivelato essere psicolabile. Sarà anche per questo che più d'una volta si senta legittimato ad autoriprendersi durante le interviste.
Non domo, il regista ha in cantiere un nuovo film d'inchiesta su un'altra figura curiosamente già sfruttata dalla fiction (televisiva): il capitano Ultimo, al secolo Sergio De Caprio.
Tortora – Una ferita italiana è in finale un film che andrebbe mostrato nelle scuole, in particolare quelle di cinema, soprattutto quelle dove si insegna a girare i documentari: per spiegare come NON si fanno.
 
Paolo Dallimonti